MART di Rovereto. Siamo scesi dalla Valsugana, dove tenevamo una tre giorni de “Il Nodo di Gordio” su temi geopolitici, per assistere all’inaugurazione di una Mostra.
Ma non si tratta di una mostra…normale. Perché l’artista cui è dedicata è Julius Evola. Il Barone Nero. Il filosofo della reazione, controrivoluzione, rivoluzione tradizionale, come preferiva chiamarla lui. Uno di cui, in genere, non si parla nei consessi accademici e nelle scuole. O se ne parla con estremo imbarazzo. Con molte promesse, giustificazioni, scuse. Nel mondo del politically correct uno che non può avere cittadinanza. Abraso dalla memoria, più ancora che cancellato. Eppure, oggi, 14 maggio 2022, qui al MART gli viene dedicata una mostra. Una mostra sul Mostro, potremmo dire giocando sulle parole.
Non è evento da poco. Il MART di Rovereto è la più importante struttura espositiva dedicata, in Italia, all’arte contemporanea. Un gioiello già l’edificio, con quel grande ingresso in stile razionalismo Italiano, sormontato da una cupola (o meglio finta cupola) in vetro e metallo, che rivisita quella del Pantheon. E che irradia tutto di luce. E il dedalo di corridoi, scaloni, sale che si snoda e dipana e confonde al suo interno. Un labirinto. Il labirinto della creatività, o della ricerca della creatività dell’arte contemporanea.
E le mostre sono molte. Quella grande su Depero. Che a Rovereto è di casa, gloria locale. Un genio della stagione futurista. Immerso tra altri grandi del futurismo. Nel percorso, quasi ubriacante per le tante opere esposte – anche le percezione /emozioni visive possono dare alla testa – colgo opere di Balla. E nella esposizione di fronte, in netto contrasto, i maestri del realismo moderno. Quello magico di Gregorio Sciltian, l’esule russo (o ucraino) che si fece italiano. E che rese attuale, quasi fece reincarnare il Caravaggio. E poi Pietro Annigoni. Un intelletto ed uno sguardo rinascimentale in pieno novecento. Vi è anche un americano. Un maestro dimenticato, e ora riscoperto, del realismo statunitense. Katz. E molto altro… Troppo come dicevo, per vedere tutto…
Ma noi siamo qui per Evola. È questo l’evento. Qualcosa che esce dall’ordinario. Che rompe gli schemi.
Sotto la Cupola d’ingresso, la presentazione delle mostre. Si alternano i diversi curatori. Più o meno precisi. Più o meno verbosi, rischio sempre presente quando si parla di arte. Perché si cerca di tradurre le immagini in parole. E sono linguaggi, livelli di coscienza molto diversi. Non sempre, anzi quasi mai, conciliabili.
Poi prende la parola il Presidente del MART. Vittorio Sgarbi. La mostra su Evola l’ha voluta lui. Ed è subito chiaro che è di quella che gli interessa davvero parlare. Il resto, tutto il resto è, certo importante. Ma è anche cortina di fumo. Per velare ciò che causa scandalo.
Perché Evola fa ancora scandalo. Fra i benpensanti che mai hanno letto una riga delle sue opere. E che neppure sanno che è stato anche un poeta e un artista. Una figura di spicco fra futurismo e Dada. Il maggiore dadaista italiano. Ma, anche, in questo, anomalo. Cercava di dissolvere la forma non per desiderio, astratto, di novità. Il suo era già un procedimento alchemico. Un calarsi nelle profondità abissali della psiche. Dell’anima. Per farne emergere gli scomposti paesaggi interiori. Ed evocare la parola oscura. E magica. Il giovane Evola Dada era già, in nuce, quello de “La tradizione ermetica” “. Quello de” L’uomo come potenza”. Irriducibile agli schemi di una cultura anche d’avanti. Ma superficiale.
Sgarbi evoca Evola. E altri maledetti. Non compresi. Esclusi. Perseguitati e incarcerati. Pound nella gabbia rovente di Coltano…
Ci avviamo verso la mostra. E incontriamo Gianfranco De Turris, presidente della “Fondazione Evola”. Da più di 40 anni. Sempre col toscano in bocca. Sempre burbero. Ma è commosso.
Ed entriamo nella Mostra del Mostro..
Una immersione nei colori. Cupi e ardenti. Forme che si sciolgono come per un fuoco segreto. Sfumature che evocano memoria di parole. E anche le parole sono lì. Presenti. Come congelate in delle teche. Dove sono le rare edizioni Schewiller delle opere di Evola. Vanni Schewiller, un raro esempio di editore intelligente. E coraggioso. Pubblicava gli autori che avevano subito la damnatio memoriae. Gli esclusi dalla cultura ufficiale. Evola. Pound, quando ancora veniva tenuto rinchiuso in un manicomio americano… Sgarbi vi ha fatto cenno.
La mostra ha termine. Il bel catalogo, curato da Beatrice Avanzi e Giorgio Calcara sotto braccio, usciamo. Fuori piove
Le montagne, verso le quali siamo diretti, la Vigolana assumono una fantasmagoria di sfumature. Sono un paesaggio oscuro. Un paesaggio interiore.