Il 2021 potrebbe essere l’anno decisivo per la storia moderna dell’Europa. Infatti, per la prima volta il governo abusivo di Bruxelles, quella Commissione Europea che sulla carta dovrebbe occuparsi di “difendere i trattati comunitari” e fare proposte politiche agli organi politici dell’UE, ossia il Consiglio dei Capi di Stato e di Governo e il Parlamento Europeo, assume un ruolo di guida e decisorio rispetto alle economie di tutti gli stati membri.
Se fino all’anno scorso il team dei commissari capitanati dal Presidente (tutti scelti dai governi degli stati membri con un mandato di cinque anni, poi ratificato dall’assemblea generale di Strasburgo) si limitava a verificare la sostenibilità finanziaria delle manovre di bilancio e delle politiche nazionali nelle materia cedute a Bruxelles (Politiche Comuni e Condivise), con la Commissione Von der Leyen assistiamo invece ad un cambio di passo stupefacente e non in linea con la storia e le premesse della Comunità Economica Europea.

In primo luogo, i padri costituenti dell’Europa unita si erano accordati e avevano portato i rispettivi paesi verso un compromesso fra parti paritarie, come è d’uso fare nelle trattative diplomatiche concordatarie continentali dai tempi della Pace di Westfalia del 1648. L’obiettivo era di costruire un mercato comune senza dazi interni e con politiche commerciali esterne gestite da un organo autonomo che servisse gli interessi di tutti gli stati aderenti.
Con la svolta odierna, si fa un salto deciso verso un sistema finanziario collettivo che si occuperà di sostenere vari progetti di sviluppo comunitari ma anche nazionali, sebbene validati e monitorati dall’organo centrale della Commissione, nonché di sopperire alle carenze di liquidità nei delicati settori della sanità e dell’assistenza sociale sul lavoro. Stiamo parlando degli ormai famigerati Recovery Fund, MES e SURE, programmi di finanziamento da parte di soggetti terzi rispetto alla stessa UE, al di fuori della competenza della BCE e del sistema bancario-finanziario interno, severamente regolamentato e irregimentato dalle normative di Basilea.

Secondariamente, questi trattati fra stati sovrani sono stati sottoscritti da ministri e governanti diversi di ogni orientamento politico: questo aspetto sorprende, se si considera la storia delle famiglie politiche comunitarie, che proprio negli ultimi anni si sono mescolate e confuse come non mai (quasi a realizzare la profezia della “società liquida” senza destra né sinistra descritta da Bauman pochi anni orsono); così come sorprende che l’attuale Commissione, eletta alla fine del 2020 con i voti di una maggioranza risicata quanto variegata che include il solito blocco “europeista” di centro-sinistra cristiano-sociale che la regge da decenni, abbia però dovuto ricevere il sostegno decisivo dei cd. “populisti” anti-europeisti, a cominciare dai grillini italiani, sebbene molti paesi convinti aderenti ai trattati di cui sopra siano invece governati da maggioranze di centro-destra/conservatrici.
Infine, quello che più stupisce è che si spinga l’acceleratore su programmi vasti e pervasivi che toccano il servizio sanitario e i sussidi alla disoccupazione dei vari stati, finanziandoli con strumenti e istituzioni che non hanno alcun rapporto strutturale e diretto con la banca centrale comunitaria, che invece era nata con lo scopo di accentrare qualsiasi forma di finanziamento pubblico agli stati membri rispetto alla moneta comune Euro, messa in circolazione ormai venti anni fa.

Vien da chiedersi a cosa serva ancora la BCE. Tenendo conto che i piani di finanziamento previsti dal MES, dal Sure e dal Recovery Fund sono tutti in forma di prestito con interesse, liquidati a questi soggetti non comunitari, non diversamente dai titoli di stati emessi sui mercati monetari internazionali nella valuta di conto comunitaria, che in qualche modo possono usufruire di una “copertura” pressoché illimitata sul mercato secondario da parte della stessa BCE. Per non parlare poi delle infinite possibilità di finanziamento a disposizione dell’istituto di Francoforte, i “bazooka” mostratoci negli anni scorsi da Draghi che effettivamente hanno colto nel segno e permesso alle economie europee di superare impasse terribili negli ultimi anni.
Così accade che all’inizio del 2021 proprio quel banchiere di massimo livello, che ha da poco lasciato la guida del board della BCE, si ritrovi incaricato della formazione di un nuovo governo in Italia, per sostituire quello uscente sostenuto da una maggioranza vicina a quella della “Von der Leyen” che ha speso praticamente tutto il suo tempo a preparare il terreno all’adesione dell’Italia a questi strumenti finanziari. Piuttosto che combattere seriamente l’epidemia da Covid-19 e il conseguente utilizzo della cassa integrazione per i lavoratori di alcuni settori non strategici, mentre indebitava ulteriormente l’Italia per svariate centinaia di miliardi attraverso l’emissione dei tradizionali titoli pubblici e degli innovativi “Bot Italia”, nati appositamente per attirare i risparmi nazionali alla salvezza del paese dal disastro in corso.
Perché dunque quest’anno potrebbe segnare una svolta definitiva per l’Europa? Perché si sta mettendo in essere un meccanismo di “governance” comune che travalica i poteri e le competenze dei governi nazionali, senza però averne alcun titolo giuridico né politico (i membri della Commissione e dei consigli direttivi dei soggetti terzi finanziatori sono scelti dai governi nazionali senza alcun confronto con i rispettivi parlamenti), superando le tradizionali competenze assegnate ad un organo “amministrativo”, quale è la Commissione Europea, e consentendo la gestione di imponenti budget comuni (la Commissione dispone anche del bilancio comunitario approvato congiuntamente da Consiglio e Parlamento con le risorse provenienti dalle tasse pagate dai cittadini europei, senza che costoro abbiano alcuna voce in capitolo) o di ingenti prestiti da soggetti terzi su cui né la Commissione né gli altri organi comunitari né gli stati aderenti hanno alcun tipo di autorità o di forma di controllo.
Inoltre, si consideri che in tutto questo meccanismo “sovranazionale” l’opinione dei cittadini è del tutto ignorata. Non ricordo, infatti, che durante la campagna elettorale delle recenti elezioni per il Parlamento Europeo del 2019 alcuno di questi temi o strumenti sia stato trattato in modo approfondito. Nemmeno adesso i cittadini sono informati a dovere sul MES o sul Sure, nonostante siano citati ripetutamente in tv o sui giornali. Nemmeno i mezzi di informazione sembrano essere meglio infornati, così come gli enti locali di tipo amministrativo nazionali (le regioni, le province i comuni) e gli altri organi consultivi o politici previsti dalle costituzioni dei vari paesi membri.

Insomma, un vero “deficit democratico” esteso e ampliatosi rispetto ad anni addietro, cui si aggiunge il totale soverchiamento del “principio di sussidiarietà”, soprattutto nel caso del servizio sanitario e delle opere pubbliche e di sviluppo approntate con le risorse del Recovery Fund.
Per concludere, resta dubbia la posizione politica internazionale dell’UE in sé rispetto alle potenze globali economiche e militari della Cina, della Russia, dei paesi arabi e persino degli Stati Uniti. Nonostante la recente elezione di un presidente Dem che ripropone una posizione tradizionalmente favorevole agli interessi geopolitici “transatlantici”, le relazioni con l’alleato americano non sono idilliache: non lo sono già da decenni e sono peggiorate durante l’amministrazione Trump e probabilmente resteranno critiche anche per gli anni a venire, soprattutto perché a Washington continuano a lamentare di non sapere che numero comporre per parlare di politica estera con gli Europei.
Staremo a vedere ma le previsioni sono fosche, da ogni prospettiva. E in ogni caso, la strada intrapresa dalla nuova gestione commissariale europea diverge profondamente dalla storia dell’UE, dell’Europa moderna e, manco a dirlo, dalla più antica e tradizionale esperienza politica continentale.