Pubblicato già nel 2020 negli Stati Uniti con il titolo Cynical Theories e arrivato un po’ sordina in Italia l’anno scorso, edito dalla casa editrice Linkiesta, La Nuova Intolleranza (traduzione di Carlotta Aulisio, 360 pp., 20,00€) di James A. Lindsay e Helen Pluckrose si è dimostrato sin dalla sua prima uscita negli USA un testo fondamentale per comprendere l’origine degli stravolgimenti che hanno attraversato il mondo culturale anglofono e il nostro discorso pubblico negli ultimi anni riguardo argomenti come razza, sessualità e identità.
Osserviamo ormai quotidianamente gli effetti di una vera e propria guerra culturale che ha avuto inizio negli Stati Uniti già in tempi non sospetti, prima ancora che un certo Donald Trump iniziasse a monopolizzare l’attenzione di chiunque avesse una tastiera o una videocamera a portata di mano. Effetti che molto spesso, per chi non ha avuto tempo e modo di seguire da vicino le evoluzioni di questa tempesta filosofica perfetta, sembrano non avere alcuna causa chiaramente osservabile e addirittura nessun collegamento logico l’uno con l’altro, fino ad arrivare al totale distacco dalla realtà oggettiva e diventando un’accozzaglia di slogan e frasi fatte per attivisti di professione, claque accademiche chic e entusiasti quanto ingenui supporter della domenica in buona fede.
La navigazione in questo scenario desolante quanto confusionario può risultare complicata per chi è arrivato tardi alla festa e diventare anche pericolosa per chi, trascinato dall’entusiasmo superficiale dell’attivismo facile, ha cominciato ad accettare acriticamente tutta una serie di premesse la cui formulazione è nebulosa e male interpretabile nel migliore dei casi, quando non esplicitamente fraudolenta e fuorviante nei momenti peggiori.
A questo punto Lindsay e Pluckrose, protagonisti nel 2018 (insieme al professor Peter Boghossian) del famigerato scandalo dei “Grievance Studies”, entrano in gioco con La Nuova Intolleranza. Il saggio mira a ricostruire, anche per i non addetti ai lavori, le origini accademiche e ideologiche dei sopracitati fenomeni che stanno investendo l’occidente e la sua sfera politica e culturale.
L’analisi precisa e chiara dei due autori, seppur moderata nei toni e nell’impostazione, dipinge senza mezzi termini un ritratto impietoso degli ambienti accademici americani ed europei dalla fine degli anni ’50 in poi. Prese di mira dai padri teorici della Critical Theory e dai loro primi e ambiziosi discepoli, le aule universitarie dell’occidente sono diventate a partire dagli anni ’60 fucine votate all’educazione, quando non all’addestramento, di schiere di attivisti che hanno influenzato nell’indifferenza generale del grande pubblico e nel silenzio degli accademici il discorso socio-culturale degli ultimi cinquant’anni, dando origine nel tempo alle “dottrine” dell’odierno attivismo Woke.
Queste dottrine, in apparenza promotrici di tolleranza e buon senso, ad un attento esame finiscono per mostrarsi come vuoti artifizi retorici che nascondono dietro di sé l’immagine speculare di ciò che si propongono di risolvere mediante la loro applicazione. Nella loro indagine Lindsay e Pluckrose non sottolineano soltanto il problema di interi ambiti scolastici superiori compromessi nella loro imparzialità da agenti ideologizzati o esplicitamente truffaldini ma anche i danni provocati da questi diktat ideologici che, contaminando come virus memetici il dibattito pubblico, hanno finito per disilludere e allontanare la popolazione da una discussione costruttiva sui reali problemi della società contemporanea spostando l’attenzione su questioni insignificanti e dal valore esclusivamente simbolico se non addirittura generare avversione e ostilità “a priori” nei confronti di questi temi.
Lindsay e Pluckrose propongono dunque con il loro lavoro di gettare finalmente delle basi accademiche solide per permettere di rispondere in maniera adeguata e competente a questi fenomeni nella speranza di aprire finalmente al pubblico le porte di un dibattito in cui finora è rimasto confinato nel ruolo forzato e frustrante di ascoltatore passivo. Compito arduo, ma da qualcosa si dovrà pur partire e per chiunque sia interessato a comprendere cosa gli sta succedendo attorno, questo è un eccellente (e accessibile) punto di partenza.