“Ma tu perché ti schieri sempre dalla… parte sbagliata?” mi dice un’amica. “Che gusto ci provi a stare sempre dalla parte dei perdenti?”
Lo dice sorridendo. Senza malizia. È solo una constatazione. Nulla più. Forse…Non priva di affetto. E di compatimento.
Difficile da spiegare…perché, ad essere onesto, devo ammettere che ha ragione. Per me la parte sbagliata ha sempre avuto un fascino molto, decisamente molto maggiore di quella…”giusta”. Intendendo per giusta quella vincente. Come è naturale. Perché ci possiamo raccontare la rava e la fava, come si suol dire, e tutte le fiabe dell’orso che preferite, ma la Storia, quella ufficiale, quella che va a finire sui libri di scuola, quella che diventa una sorta di minimo Comun denominatore, quella…la scrive sempre chi ha vinto.
Per gli altri, per gli sconfitti, resta, in genere, solo la condanna della memoria collettiva. L’ostracismo, la negazione delle loro ragioni. Buone o cattive che fossero. Sono la “parte sbagliata”. Punto.
Un atteggiamento molto, decisamente molto moderno. Un tempo non era così. Era lo stesso vincitore che cercava di mettere in luce il valore, e le ragioni, del vinto. Omero canta il valore di Achille, e dei principi achei che hanno conquistato Troia. Ma esalta l’eroismo di Ettore, di Enea. Dei vinti, insomma. Perché non ci sarebbe stata alcuna gloria nello sconfiggere dei deboli e dei pavidi. E perché l’etica classica ha rispetto dell’uomo. E delle sue ragioni
Traducendo e semplificando: impensabile nel mondo Omerico un’immagine come quella che è stata pubblicata dopo la cattura di Saddam Hussein. Brutto, sporco, una specie di bestia priva di dignità. Un’immagine simile avrebbe svilito i vincitori. Avrebbe macchiato il loro onore e tolto loro ogni gloria. Ma gli americani non sono certo gli Achei. E la loro etica è radicalmente diversa. Il nemico sconfitto aveva torto. Era il male che andava eradicato e annientato. Punto e a capo.
Io, però, ho sempre avuto simpatia per quelli della parte sbagliata. Per i vinti della Storia. Da sempre…ricordo quando vidi per la prima volta “Ombre Rosse” di John Ford, il film che, più di ogni altro, contribuì a creare il mito del West, con uno straordinario John Wayne. In quel film i nemici, i cosiddetti “indiani” (apaches, se non sbaglio) erano, appunto, solo ombre. Selvagge ombre incombenti. Minacciose e crudeli. Il film era avvincente, e l’arrivo, alla fine, dei “nostri”, la cavalleria statunitense, ti faceva provare sollievo ed entusiasmo.. Però, mi sorse, subitaneo, un dubbio. Ma quegli apaches perché facevano così? Erano solo crudeli assassini, o avevano le loro ragioni?
Intendiamoci bene, nessun elemento di politically correct, in questo. La filmografia che rilegge la storia della conquista del West – Soldato Blu, lo straordinario “Un uomo chiamato cavallo”, “Balla coi lupi” – sarebbe venuta solo molti anni dopo. E ancora dopo il senso di colpa dell’uomo bianco. Che è parte di un atteggiamento culturale che non mi piace. Perché ipocrita. E ancora una volta falsificante. La verità storica.
Comunque, io al cinema tifavo per Geronimo e Nuvola Rossa, Cavallo Pazzo e Kochiss. E leggevo con passione “Alce Nero parla”. Straordinario documento della parte sbagliata.
Per altro, le mie simpatie andavano anche ai Sudisti del generale Lee. E qui ogni ombra di correttezza politica, ancorché in embrione, svanisce. Perché la Storia, quella con la maiuscola che piace ai professori, ci dice che erano razzisti, schiavisti, e chi più ne ha più ne metta… Insomma, la parte sbagliata. Senza ombra di dubbio.
Per non parlare, poi, dei Giapponesi. Dai Kamikaze ai difensori dell’ultima isola, IwoJima. Demonizzati da sempre. Nonostante il capolavoro di Clint Eastwood. Che è tutt’altro che un americano (e un occidentale) comune…
Forse perché ha il senso di quella che Ian Morris, altro statunitense anomalo, chiama “La nobiltà della sconfitta”. Un intenso saggio /racconto sull’etica samurai. Che della sconfitta, ovvero dell’essere scherati dalla parte sbagliata della storia, ha fatto un punto d’onore. E una insegna di gloria. A Sekighahara vinse Yeyasu. Dando inizio al lungo Shogunato Tokugawa. Ma l’ eroe più popolare resta Musashi. Il maestro di spada. Che combattè dalla parte perdente. E poi divenne Ronin. Samurai senza padrone, di fatto un reietto.
Insomma, nella “parte sbagliata” mi è sembrato sempre di trovare qualcosa che tra i vincitori, la parte giusta, non c’è. Forse un senso, etico, del dovere, e dell’onore (parolone fuori tempo, lo so) che ti spinge a schierarti e a lottare, anche se non hai speranze o aspettative.
Forse un senso estetico. Forse semplicemente il gusto di fare sempre il bastian contrario. Non saprei davvero rispondere a quella domanda… Ma, in fondo, non ha davvero importanza…uno è come è. E ha il diritto di scegliere la parte sbagliata, se così gli piace…