Sabato 13 marzo a Torino, al Teatro Santa Giulia, è andato in scena “Il ritorno del buffone. The Jokerman”, lo spettacolo riadattato nei contenuti dell’attore, regista e scrittore Gian Carlo Fantò, che lo interpreta efficacemente coadiuvato dalla compagnia di attori e attrici composta da Martina Bracali, Antonella Menzato, Marzia Trasanna, Daniela Basile, Federico Sclavesano e con le musiche e canzoni di Tony Mastrulli che incisivamente accompagnano e sottolineano i momenti topici della narrazione teatrale.
Fantò nelle vesti dello Jokerman il buffone, ovvero il personaggio che può permettersi di svelare la verità, lacerando i veli dell’ipocrisia, porta in scena la passione, Giano bifronte, descritto in tutte le sue sfaccettature, che includono zone di luce e zone d’ombra. Il palcoscenico è essenziale, con una sedia, abiti appesi che diventano indossati corpi e anime dei personaggi maschili e femminili che si susseguono sul palco incarnando i diversi volti della passione.
La passione civile e politica di Dante Alighieri, la meraviglia di Cartesio di fronte ai misteri di vita, natura e universo, quella che salva dall’alienazione o da derive distruttive e criminali, come la scrittura per Bukowsky e Gregory Corso. Affiancato da efficaci controcanti femminili, il buffone, assumendo i tratti di Virgilio luciferino, guida spettatori e spettatrici anche nel cuore di tenebra della passione, in cui diventa possesso schiavistico dell’altra persona, oppure fede calcificata dall’integralismo che trasforma le opere di solidarietà e cura di una guaritrice, in azioni malefiche da punire, sorda e cieca, nonostante l’evidenza dei fatti.
Riso, commozione, rabbia di fronte alle ingiustizie, pervadono spettatori e spettatrici nel loro io più profondo, raggiungendo l’acme nel colpo di scena finale in cui la passione si fonde nella speranza, superando l’egoismo di cercare la propria eternità in un’altra persona ma donandole invece parte di sé, perché segua la sua percorrendo una strada che abbia un cuore, in un mondo, parafrasando De Gregori, in cui vi siano ancora padri e madri da ricordare e figli da rispettare.
Gian Carlo Fantò e la sua compagnia teatrale, grazie a un gioco di squadra impeccabile e simmetrico, hanno realizzato una sintesi alchemica che si arricchisce degli elementi della commedia in perfetta sintonia con quelli della tragedia e del grandguignol, sempre in perfetto equilibrio, senza cadute di gusto o cedimenti alla volgarità di bassa lega, abbattendo la barriera tra attori e pubblico, operando un transfert virtuoso, portandolo in un certo senso a essere parte viva e integrante dello spettacolo, sempre nel rispetto profondo delle menti e dei cuori di spettatori e spettatrici.