Ogni tanto, d’improvviso, mi tornano in mente cose studiate, o anche solo lette, moltissimi anni fa. Flash della memoria che, tuttavia, illuminano qualcosa del presente. E mi aiutano a capire. Paradossale. Perché, in superficie, potrebbero sembrare studi inutili. Letture fatte solo per piacere e gusto dell’erudizione. Con nessun rapporto con la vita che ho, di lì in poi, condotto.
Comunque, negli anni universitari, mi imbattei in uno strano corso di lezioni. Completamente fuori dal mio indirizzo di studi. E, per altro, da tutti quelli che facevano parte di Lettere Classiche:
Protostoria Eurasiatica.
In quel corso, per la prima volta, mi imbattei nella Cina.
Oh, certo. Sapevo che esisteva. Avevo studiato serenamente, come usava, geografia a elementari e medie. Esisteva, ma non ne sapevo, di fatto, nulla. Perché la nostra scuola, anche quando funzionava, era eurocentrica. E, nel tempo, sempre più americano-centrica. Il resto del mondo semplicemente non esisteva di per sé. Era un…corollario alla nostra storia. E ai nostri interessi. Così dell’Africa non si parlava mai. Continente senza storia, lo aveva definito Hegel. Dell’Asia solo quando veniva fuori la questione dell’espansione coloniale. Della Cina solo vaghi accenni. E questo anche se, in quegli anni, vi erano torme di giovanotti con i capelli lunghi, figli di papà, che brandivano il Libretto Rosso di Mao, e inneggiavano alla Rivoluzione Culturale e alle Guardie Rosse. Senza sapere che, nella Cina del Grande Timoniere, loro sarebbero finiti diretti in campi di rieducazione. A coltivare il riso con la testa rasata…
Comunque, per quell’esame dovetti leggere un libro sulla prima storia della Cina. Scoprendo una cosa curiosa. Che la prima dinastia imperiale, la Hsia, risaliva addirittura al Neolitico. Ovvero, la Cina era già un impero organizzato, da quello che sappiamo centralizzato, con una cultura avanzata, quando ancora, praticamente, non si conosceva l’uso dei metalli..
E vi faccio grazia degli Imperatori Dragoni (in Cina i Draghi hanno funzione positiva, l’esatto opposto che da noi) che potrebbero riportare addirittura al paleolitico.
Ovvero quando gli antenati degli Anglosassoni, che oggi scrivono la storia a loro modo, grasso che cola se andavano nudi a caccia di marmotte… Battuta rubata a Guzzanti. Il figlio, quello bravo a far ridere…
Da lì una curiosità coltivata negli anni. Che certo non ha fatto di me un sinologo, né un esperto di ceramiche Ming. Ma mi ha aperto qualche…orizzonte. Fatto leggere qualche libro. Confucio e Mencio nella traduzione di Ezra Pound. La poesia classica cinese. Su tutti Li Po, o Li Bao che dir si voglia. Un lirico che nulla ha da invidiare a Mimnermo e Alceo. Anzi….Poi qualche romanzo classico. E anche il, birichino, Tai Ping Mei. L’ opera di più denso, torbido ed elegante erotismo ch’io abbia mai letto. Solo molto dopo è venuta la moda dei film cinesi…e più di qualcuno ho visto e apprezzato.
Dal poetico “Sorgo rosso”, tratto dal capolavoro narrativo di Mo Yan, al, sensuale e crepuscolare, “Lanterne rosse”. Sino all’epica de “L’imperatore e l’assassino”. Sontuosi, calligrafici. Eleganti e rarefatti. Lenti, si potrebbe dire, anche quando sono film d’azione.
Ma non sono lenti. La cultura cinese, per quel poco che ne ho compreso, non è assolutamente tarda e pigra. Piuttosto è…paziente. Tant’è che il loro filosofo, o meglio saggio per eccellenza, è il Maestro Kung. Quello che noi conosciamo come Confucio.
Confucio, nell’epoca convulsa dei Regni Combattenti, insegnava ai governanti l’arte di pazientare e meditare. Di riflettere prima di agire. E vi è un altro sapiente cinese, spesso citato a sproposito, Sun Zu. Che fu un generale, a cavallo tra IV/V secolo, e scrisse “L’arte della guerra”. Forse il più importante trattato in materia.
Bene, il nostro stratega insegna che è importante pianificare con calma. Astuzia. Prima di colpire all’improvviso. Per cercare una vittoria col minimo dispendio di forze. Insegna, dunque, ad essere…pazienti.
E veniamo, come si suol dire, al dunque…
In questi giorni si sono versati i canonici fiumi di inchiostro – anche se nessuno, ormai, scrive più con la penna – per la visita di Nancy Pelosi, vecchio arnese dell’establishment Dem, a Taiwan. Cosa che ha suscitato le ire di Pechino.
Perché, per i Mandarini Rossi della città proibita, la Cina è una. E Taiwan non è una realtà a se stante. Solo una provincia del Celeste Impero momentaneamente fuori controllo.
E, ad onor del vero, anche a Tai Pei, fino a poco tempo fa, non si ragionava in modo molto diverso. Gli eredi del Kuo mi tang rivendicavano il loro buon diritto su tutta la Cina. Loro strappata dalla Lunga Marcia di Mao.
Nemici. Ma che si riconoscevano in una identità comune.
Ora, però, a Taiwan sono al governo partiti e forze che negano l’identità cinese della grande isola. Che rivendicano di essere taiwanesi, ovvero diversi dai cinesi. Sono cresciuti. Ed hanno amici e sponsor potenti sull’altra sponda del Pacifico. Come avrete capito, ogni assonanza con la vicenda Russia /Ucraina non è, affatto, casuale.
Di qui la collera di Xi Jin Ping. Che ha portato ad una spasmodica attesa della reazione cinese al viaggio turistico della Signora Pelosi.
Lo avrebbero impedito? Lo avrebbero dirottato? Sarebbe scoppiata la guerra?
Invece, niente. Pechino ha protestato con veemenza. Poi…silenzio.
E allora, qui da noi, tutti a dire che i cinesi hanno dovuto abbozzare, che non hanno la forza di affrontare Washington…e altre amenità. In apparenza sembrano avere ragione…
Ma io penso a Sun Zu. E a quanto sia antico il Celeste Impero. E anche a quei film. Così lenti e perfetti allo stesso tempo.
E penso, non per la prima volta, che noi occidentale non capiamo il mondo. Perché valutiamo tutto solo con i nostri parametri.
Per noi una reazione ad una, grave, provocazione politica è rappresentata dal 7°Cavalleria che va alla carica. Testa bassa e squilli di tromba.
Ma mica è detto che per altre culture, addirittura più antiche della nostra, debba essere così.
Pianificare. Agire con astuzia. Studiare il momento opportuno. E poi…colpire. La strategia cinese è qualcosa che viene elaborata nelle stanze oscure della Città Proibita. Davanti a tazze di tè. Nel silenzio.
Vedremo…la vendetta è un piatto che si serve freddo. Certo, noi, occidentali, soprattutto gli americani, tutto siamo meno che…pazienti. E una non azione immediata la leggiamo come ammissione di impotenza.
Tuttavia vorrei ricordare che quel macellaio di Custer, a Little Big Horn, finì scotennato…