La prova che il piccolo principe è esistito, sta nel fatto che era bellissimo, che rideva e che voleva una pecora. Quando uno vuole una pecora è la prova che esiste.
Forse alle favole abbiamo dato poco spazio nel nostro tempo.
E così, superficiali sono state le attenzioni, scarsi i ricordi fatti storia, minori ancora le esperienze fatte memoria.
Rileggere Il piccolo principe è un po’ chiedersi se nel deserto di crisi in cui stiamo vivendo ci sia quella fonte d’acqua scintillante, curativa, nutriente da cui bere liberamente.
Se esiste, e abbiamo ragione di credere sia vero, occorre cercarla e, per farlo, non si potrà che mettersi in viaggio. Così come fece quel fanciullo dal suo piccolo meraviglioso asteroide in cerca di chi, con lo stesso disincanto, la stessa curiosità, la stessa cura e attenzione di cui lui fosse capace, potesse dargli conforto e leggere, fra le righe di una matita, quel che alle volte le parole e il volto non sanno esprimere quanto il cuore.
Diciamolo, oggi, per usare termini da business people, potremmo inserirci nella famosa (o famigerata) “società del rischio”: tecnica che supera ingegno, biotecnologia che vince su natura, immagine che scalza il vero e, così, altrettante infinite vittorie da sprint fugaci quanto una Instagram story.
La verità è che, per quanto si diventi grandi, si cresca e ci si ritrovi obbligatoriamente forti, restiamo comunque bambini in cerca di cure rassicuranti.
La ricordate la storia del cappello e dell’elefante?
Mostrai il mio capolavoro alle persone grandi, domandando se il disegno li spaventava. Ma mi risposero: “Spaventare? Perche’ mai, uno dovrebbe essere spaventato da un cappello?”
Il mio disegno non era il disegno di un cappello.
Era il disegno di un boa che digeriva un elefante.
Ed è proprio così che, quando diventiamo adulti, ci comportiamo: a null’altro diamo attenzione se non a quel che ci appare, trascurando quel che, con maggiore attenzione, la realtà ci offrirebbe in dono poiché, spesso, si tratterebbe di ammettere d’essere fragili, vulnerabili e finanche incapaci.
Fu infatti ben altro il preludio al disegno del nostro fanciullo: una frase, letta fra i suoi libri.
“I boa ingoiano la loro preda tutta intera, senza masticarla. Dopo di che non riescono piu’ a muoversi e dormono durante i sei mesi che la digestione richiede”
Chi era per lui quel boa? Chi lo avrebbe aiutato? Chi lo avrebbe protetto? Chi, fra costoro che nemmeno seppero leggere oltre quell’apparente forma, sarebbe stato in grado di rassicurarlo e, insieme, continuare a crescere?
Perché, alla fine, succede quasi sempre così: chi detiene il potere desidera che i sudditi si prendano cura di chi governa e i governati desiderano che chi governa si prenda cura di loro.
Ma chi, fra sudditi, governati e governatori, sa leggere fra i tratti di quell’innocente disegno?
Sarà fantasia, saranno pagine ormai lontane messe in quel ripiano della libreria in copertura a qualche presa che disturba l’estetica della parete, ma un giorno, forse, tra un videogioco e una scintillante story da hashtag a cascata, tra una didattica a distanza e un fitness in streaming da salotto, tra una chitarra in balcone e un avatar all’accoglienza, quelle pagine ci ricorderanno che le paure sono parte di noi e che una piccola pecora, vera, di cui sapere come prendersi cura, sarà ciò che ci farà sentire protagonisti di una storia chiamata vita.
È così che quel viaggio in cerca di chi sappia leggere oltre i filtri vale davvero, sempre, la pena intraprenderlo.
E se l’esercizio di questi tempi quaresimali, nella lettura dei tempi moderni, suggerirebbe il togliere qualcosa al nostro fare ordinario: siamo viaggiatori, crediamo nelle fiabe e proviamo, invece, a chiederci cosa poter fare di più. Per aggiungere: realtà.