“La pioggia nel pineto” è una lirica composta nell’estate del 1902 da Gabriele d’Annunzio nella sua villa “La Versiliana” a Marina di Pietrasanta, località toscana sulla costa tirrenica. La lirica appartiene all’Alcyone, raccolta di ottantotto poesie composte tra il 1899 e il 1903, e in cui l’ordine cronologico non è noto. Essendo un componimento così importante, è giusto trattare di “La pioggia nel pineto”, offrendone un’analisi.
La vita di Gabriele d’Annunzio
Gabriele d’Annunzio nacque a Pescara il 12 marzo 1863 da un’agiata famiglia borghese. Sempre a Pescara cominciò i suoi studi che portò avanti a Prato presso il Collegio Cicognini, una delle scuole italiane più prestigiose del tempo. Studente brillante e diligente, ebbe un grande desiderio di distinguersi dalla massa. Ciò lo spinse anche a divulgare falso annuncio della sua morte per cui il poeta sarebbe morto per una caduta da cavallo per attirare l’attenzione.
La divulgazione consisteva in un espediente contenuto nella sua prima raccolta poetica, ossia Primo vere, che risale al 1879 e che fu accolto dalla critica con entusiasmo. Questa raccolta contiene poesie composte durante gli studi a Prato. Ma il primo grande successo letterario arriva con la pubblicazione del “Piacere”, romanzo con cui si afferma in Italia il Decadentismo. Infatti, nel romanzo, emergono una critica alla società borghese di fine Ottocento in quanto priva di sentimenti. Quest’ultima decadrà poichè privilegia preferisce il denaro al gusto del bello.
D’Annunzio patriota
Gabriele d’Annunzio è stato uno dei primi a gettare le basi per la nuova politica di massa. Nel 1919, dopo la costituzione della Jugoslavia, aveva capito che i territori dell’Istria e della Dalmazia, che non erano stati dati all’Italia, erano stati sottratti alla giurisdizione italiana. Decise dunque di guidare una spedizione che fallì dopo che Giolitti firmò il trattato di Rapallo. Questo rese libera la città e anche il Duce, stanco della mondanità del poeta, lo approvò. D’Annunzio, deluso, si ritirò al Vittoriale degli Italiani sul lago di Garda dove riuscì a custodire le memorie del proprio passato.
Il regista Gianluca Jodice ha tratto dalla biografia di D’Annunzio un film intitolato “il cattivo poeta”, uscito nelle sale cinematografiche a maggio 2021, con Sergio Castellitto nel ruolo del protagonista. Ambientato durante il fascismo, narra dell’amicizia tra Gabriele d’Annunzio e il politico fascista bresciano Giovanni Comini (1917-2002) che diventerà frequentatore assiduo della villa di Gardone Riviera. Quando la fidanzata del politico si suicida per l’arresto del fratellastro antifascista, Comini inizia a dubitare del regime, e l’amicizia con il Vate crescerà sempre di più. Infatti, alla morte di quest’ultimo, avvenuta nel 1938 per emorragia cerebrale, Comini verrà degradato. Alla fine quest’ultimo riceverà in regalo una piuma del Poeta in ricordo della loro amicizia.
Analisi della poesia “la pioggia nel pineto”
Taci. Su le soglie
del bosco non odo
parole che dici
umane; ma odo
parole più nuove
che parlano gocciole e foglie
lontane.
Questi sono i versi con cui si apre la celebre lirica. Il poeta si trova con la sua compagna Eleonora Duse nella pineta di Marina di Pietrasanta. Entrambi vengono sorpresi da un temporale estivo. Ebbene, il poeta traduce in parole alla sua compagna ciò che la pioggia stessa vuole comunicare con la sua musica: invitare a tacere proprio per entrare in contatto con la meraviglia della natura e gioirne. Le gocce cadono e, passando attraverso i rami e le foglie degli alberi, creano una sinfonia di suoni e di profumi così magica da riuscire addirittura a trasformare gli amanti in creature vegetali, proprio come in una favola.
Ogni strofa termina con il richiamo a Ermione. Si tratta di un grande riferimento classico con cui il poeta richiama e, ancor più, rende magicamente immortale la sua amata. Secondo la mitologia greca, Ermione è la figlia di Elena e Menelao, nonchè causa della guerra di Troia.
Trasformazione della donna in “La pioggia nel pineto”
Nella seconda strofa il poeta fa un riferimento al concerto: “E il pino / ha un suono, e il mirto / altro suono, e il ginepro / altro ancóra, stromenti / diversi / sotto innumerevoli dita”. E a partire dal verso 52 mette chiaramente in evidenza la trasformazione della donna. Paragona il suo volto a una foglia, e i suoi capelli a delle ginestre. Nell’ultima strofa la ritrae quasi verde come una pianta e paragona alcune parti del suo corpo ad affascinanti elementi naturali: il cuore a una pesca intatta, gli occhi a delle pozzanghere sull’erba, e i denti a delle mandorle acerbe.
Gli ultimi versi della poesia riprendono gli ultimi della prima strofa: “Piove su i nostri vólti /
silvani, / piove su le nostre mani / ignude, / su i nostri vestimenti / leggieri, / su i freschi pensieri / che l’anima schiude / novella, / su la favola bella / che ieri / m’illuse, che oggi t’illude, / o Ermione.” La favola bella è proprio questa fusione totale degli amanti con la natura, questa trasformazione illusoria. Nella ripresa di questi versi è bene notare anche l’inversione dei pronomi personali “mi” e ” ti” per sottolineare la reciprocità dell’amore tra il poeta ed Ermione.