C’è chi dice che la pipa non la fuma più nessuno. Il che non è vero, altrimenti non sarebbe giustificato il fatto che continuino ad esistere produttori di pipe e di tabacco, rivenditori specializzati e numerosi club che spesso alimentano discussioni su svariati blog, sia in Italia che all’estero.
Certamente son passati i tempi in cui era normale incontrare passanti che stringevano in mano o tra i denti un bel pezzo di radica, mentre le campagne antifumo hanno ridotto notevolmente il numero dei fumatori in genere. Anche il divieto di fumare nei locali pubblici ha agito da disincentivo: d’altra parte gli stessi fumatori hanno finito con il gradire una disposizione che ha messo fine ad una pratica non solo dannosa ma fastidiosissima. Nei ristoranti era impossibile apprezzare il profumo di un piatto o di un vino senza essere investiti dagli effluvi fumosi, e il più delle volte pestilenziali, del vicino di tavolo.
Ci vorrebbe un divieto analogo anche per il chiasso e per le stupidaggini che ancora oggi ci infastidiscono nei locali. Ma temo che a queste molestie non si possa porre un freno.
Resta il fatto che a godere dei diletti della pipa siano rimasti in pochi. Il che non è affatto un male.
Viviamo in un mondo in cui i piaceri sono indotti e omologati. Chi gestisce il potere a livello mondiale ha messo in atto un meccanismo in base al quale la gente si convince di avere dei bisogni che in realtà non ha, spingendola ad acquistare prodotti e ad assumere degli stili di vita omologati di cui potrebbe fare agevolmente a meno.
La libertà individuale, la possibilità di scegliere liberamente, la capacità di pensare con la propria testa, vengono via via inibite e annullate. La vita si è trasferita sui social, nei quali prevale la mancanza di pensiero, l’accettazione acritica del pensiero altrui. La circolazione delle idee è filtrata e selezionata da chi detiene il potere reale, un potere che va ben al di là della sovranità politica, che dovrebbe essere – almeno nominalmente – in mano ai cittadini. La stessa idea di democrazia viene rimessa in discussione da parte di coloro che ne dovrebbero essere i massimi difensori, i quali non riescono più a nascondere che siamo in mano a una ristretta oligarchia di potenti e ricchissimi che gioca con le nostre vite per diventare sempre più potente e sempre più ricco.
In questo mondo globalizzato e privo di qualità ben vengano pratiche e modelli che sfuggono al controllo di quello che viene definito il “soft power”, scandito dai dettami del pensiero unico obbligatorio. La pratica di fumare la pipa è uno di questi. Una pratica che diventa un modo di essere, legato al mondo della Tradizione, che ci fa sentire parte di un tutto che viene da lontano, e che noi siamo chiamati a tramandare.
Si dice che la musica stia morendo in quanto tutto finirà in mano a poche multinazionali che decideranno quale musica dovremo ascoltare in futuro. E in parte è già così. Ma per fortuna c’è ancora qualcuno che produce musica, che si propone a un pubblico curioso; c’è ancora qualche locale che ospita musicisti e dà loro la possibilità di esibirsi per un selezionato numero di persone; c’è persino chi compra dischi in vinile perché è convinto che la buona musica vada ascoltata bene.
Ecco questi pochi, come i pochi che continuano ad amare la pipa, rappresentano la speranza che possa esistere ancora qualcosa di autentico, di diverso, di non omologato, di autenticamente libero.
Un qualcosa di aristocratico ed esclusivo? E allora evviva l’Aristocrazia!