Le scissioni partitiche, in Italia, assomigliano sempre a regolamenti di conti economici. Però, in passato, si cercava almeno di salvare le apparenze. Inventandosi dissapori politici, dispute ideologiche. I pentapoltronati in versione Giggino hanno archiviato anche il minimo di decenza. Si fa la scissione per garantire un futuro su una poltrona a chi, essendo già al secondo mandato, avrebbe dovuto cercarsi un lavoro. Comprensibile, certo. Ma piuttosto disgustoso.
Perché chi è stato eletto con lo slogan “uno vale uno”, non può restare al suo posto con la motivazione che “uno non vale uno”. Soprattutto quando, nel suo caso, si vale poco più di zero. Politicamente, professionalmente, umanamente. E così gli scissionisti si ritrovano a votare nello stesso modo dei loro ex compagni di strada. Evidenziando che la rottura è solo una questione di poltrone. Future.
Adesso Giggino ed i rieleggendi dovranno cercarsi un partito in grado di farli tornare in parlamento. Mica facile, considerando i tagli dei parlamentari e la totale mancanza di credibilità di questi personaggi in cerca di poltrone. Non che sia facile per i fedelissimi rimasti con Conte. Che vota come un Giggino qualunque non avendo il coraggio di scaricare Sua Mediocrità Mario Draghi.
La prospettiva è quella di ritrovarsi con i pentapoltronati contiani infilati nel silos Pd mentre i pentapoltronati di rito Gigginesco si apparecchierebbero un posto alla tavola centrista. Magari insieme a Calenda e Carfagna, a Brunetta e Toti. Con Renzi impegnato su entrambi i fronti a cercar la soluzione migliore. E poi, tutti insieme, di corsa a votare la fiducia a Sua Mediocrità alla guida di un governo trainato da Meloni e dal centrodestra atlantista.
Uno scenario che favorirebbe il ritorno alla politica politicante di Alessandro Di Battista. L’unico con la volontà (per ora) di proporsi come alternativa a Sua Mediocrità. L’unico sordo al verbo atlantista. L’unico interessato a prendere in considerazione tutti quegli italiani che non riescono a far fronte ai rincari provocati dalle sanzioni di Biden e dal servilismo dei maggiordomi di tutti gli schieramenti.
Solo protesta e poca proposta. Ma almeno un passo in più rispetto alla frustrazione di chi non è andato oltre la rabbia per i vaccini, le mascherine, gli arresti domiciliari di massa. Dibba come una sorta di Che Guevara dei poveri. D’altronde questa è l’Italia del gregge, non la Cuba dei barbudos..