Decenni di stretta politica fiscale hanno lasciato il sistema sanitario in Italia impreparato a combattere l’epidemia di COVID-19
Gli sforzi dell’Italia per soddisfare i criteri di Maastricht e i requisisti del Patto di Stabilità e Crescita, che hanno portato ad un complessivo inasprimento della spesa pubblica, hanno causato gravi difficoltà al SSN nell’affrontare efficacemente le conseguenze del COVID-19. Lo scoppio della crisi sanitaria ha dato un campanello d’allarme che non può rimanere inascoltato.
Alessandro Bramucci, Franz Prante ed Achim Truger pubblicano all’interno de “La risposta europea alla crisi del Coronavirus” una relazione dettagliata, a tratti crudele, dal titolo: “Decenni di stretta politica fiscale hanno lasciato il sistema sanitario in Italia impreparato a combattere l’epidemia di COVID-19”.
Gli autori partono da una constatazione in sé abbastanza palese, “Nelle regioni più colpite, il Servizio sanitario nazionale italiano (SSN) non è stato in grado di far fronte alla cura dei pazienti affetti da COVID-19”.
Lo scopo della ricerca è quello di esaminare più da vicino il legame tra l’assistenza sanitaria e il forte consolidamento del bilancio nel caso dell’Italia e, se le conseguenze di queste misure abbiano lasciato il SSN impreparato ad affrontare il flagello del COVID-19.
Lo studio inizia fotografando la situazione italiana partendo dagli anni Novanta. Nel corso di questi è “stata attuata una prima serie di riforme di vasta portata, nel tentativo di contenere i costi, motivate dal contesto macroeconomico dell’epoca e caratterizzate dagli sforzi dell’Italia per soddisfare i criteri di Maastricht e i requisiti del Patto di Stabilità e Crescita” che hanno però portato ad un complessivo inasprimento della spesa pubblica. Nello specifico, dall’inizio degli anni Novanta, il governo italiano ha registrato quasi 30 anni consecutivi di avanzi di bilancio primari (Figura 1). Ciò indica che ciò che il governo ha estratto dall’economia nazionale in termini di imposte è stato maggiore di quello che le persone hanno ricevuto nei servizi pubblici per quasi tre decenni.
Spesa sanitaria pubblica e obbligatoria pro capite e saldo primario in Italia

L’andamento della spesa sanitaria italiana è riportato nella Figura 2 insieme ai dati di alcuni Paesi
europei selezionati e alla media dell’area dell’euro. Nell’evoluzione della spesa italiana si possono osservare tre fasi:
- Negli anni Novanta, a differenza della maggior parte degli altri Paesi industrializzati, l’Italia ha registrato un calo della spesa sanitaria pubblica.
- Solo alla fine degli anni Novanta è iniziata una leggera tendenza al rialzo, quando la spesa è aumentata parallelamente negli altri Paesi europei fino alla fine degli anni Duemila.
- A partire dal 2010, invece, è iniziata una nuova fase di contenimento della spesa, che si è protratta fino al 2015. In questo periodo, la spesa sanitaria pubblica è stata colpita in modo analogo in Portogallo e Spagna e in misura maggiore in Grecia, ovvero i paesi più colpiti dalla crisi dell’euro e dalle conseguenti politiche di austerità. In questo periodo, invece, si è verificato un rapido aumento della spesa sanitaria pubblica e obbligatoria pro capite in Germania, Francia e Belgio.
Spesa sanitaria pubblica e obbligatoria pro capite nei paesi selezionati

Nell’ultimo decennio, l’entità dei tagli nel SSN è stata particolarmente drammatica. Sulla scia della crisi economica e finanziaria del 2008, la spesa sanitaria pubblica totale in Italia (compresi investimenti, consumi intermedi, ricerca e sviluppo e altre componenti) ha subito una drastica battuta d’arresto. Dal 2008 al 2018, la spesa sanitaria pubblica totale in termini nominali (cioè includendo l’inflazione) è aumentata solo del 5,3% in Italia, mentre in Germania è aumentata del 46,8% (Figura 4a).
Variazione percentuale della spesa pubblica totale per l’assistenza sanitaria e i servizi ospedalieri, 2008-2018

Dal 2011 al 2018, nello specifico, i tagli ai servizi ospedalieri pubblici hanno contribuito in modo sostanziale alla dinamica negativa del tasso di crescita percentuale della spesa pubblica totale per l’assistenza sanitaria (Figura 4b).
Composizione del tasso di crescita della spesa pubblica totale per la sanità in Italia

I dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) mostrano che dall’inizio degli anni ’90 il numero di ospedali è stato drasticamente ridotto in tutta Europa, ma in particolare in Belgio e in Italia e, un numero maggiore di ospedali per acuti avrebbe anche potuto facilitare l’isolamento dei pazienti infetti, riducendo il rischio di contagio.
Dal 2010 in poi, il numero di ospedali in Italia è sceso al di sotto della media UE. La disponibilità di posti letto è stata ridotta anche più drasticamente della capacità ospedaliera (Figura 6). Sebbene in molti Paesi europei si possa osservare una marcata tendenza alla riduzione dei posti letto per acuti, pochi Paesi europei hanno ridotto il numero di posti letto disponibili così tanto e a un livello così basso come l’Italia. Nel 1990, l’Italia aveva sette posti letto per 1.000 abitanti, un valore vicino alla Germania e superiore alla media UE. Nel 2017 il numero di posti letto era sceso a 2,6 per 1.000 abitanti, notevolmente inferiore a quello della Germania con sei posti letto disponibili per 1.000 persone
Posti letto di cura acuta per 1.000 abitanti

Anche nella fornitura di letti per terapia intensiva c’è una notevole differenza, con l’Italia di nuovo nella fascia bassa in Europa. Sebbene negli ultimi anni il numero di posti letto per la terapia intensiva in Italia sia rimasto relativamente costante, la capacità di terapia intensiva non è stata ampliata a differenza, ad esempio, ancora, della Germania.
La popolazione italiana sta attualmente pagando il prezzo delle prolungate politiche di ristrettezza di bilancio del SSN. L’attenzione unilaterale ai vincoli fiscali e alla riduzione del debito ha privato il settore sanitario italiano di una parte importante della sua capacità di offrire un’adeguata protezione alla popolazione. La notevole riduzione delle risorse ha causato gravi difficoltà al SSN nell’affrontare efficacemente le conseguenze di COVID-19. Bisogna immediatamente invertire la rotta.
Sì, è una impresa ardua. Ma data la posta in gioco, bisogna farlo.