Una Destra politica matura e consapevole deve riuscire a fare i conti con il proprio passato allo scopo di non essere travolta da chimere che vengono da altri lidi e che rischiano di far perdere di vista quanto, negli anni, è stato elaborato e costruito.
Una buona occasione si presenta con la lettura di “ La Nazione dei nazionalisti. Liberalismo, conservatorismo, fascismo” di Giuseppe Parlato, recentemente pubblicato da Fallone Editore (pp. 207, 22€).

L’autore, professore ordinario di Storia contemporanea presso l’Università degli studi internazionali di Roma (Unint) nonché presidente della fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice, è un attento studioso della Destra alla quale ha dedicato almeno due volumi fondamentali, vale a dire “Fascisti senza Mussolini” del 2006, e “La Fiamma dimezzata – Almirante e la scissione di Democrazia Nazionale” del 2017.
In questo nuovo lavoro raccoglie in un unico volume sei saggi già usciti in varie riviste e miscellanee, ed un inedito.
Ma ciò che fa di questo libro uno strumento di riflessione indispensabile per i politici di oggi è la riproposta di alcuni temi che riunirono le varie anime del nazionalismo italiano fin dalla nascita del movimento che si può situare intorno alla fine del secolo XIX.
“In primo luogo – ci ricorda Parlato – i nazionalisti si trovarono sostanzialmente d’accordo sulla necessità di allargare l’idea liberale di nazione”. Alla fine della Grande Guerra i Nazionalisti si convinsero che “la base sociale dello Stato andasse allargata, […] che il sistema politico andasse difeso dalla prepotenza del Parlamento, che andasse debellata la corruzione, che lo Stato fosse politica ed educazione e non solo amministrazione”. Questi obiettivi dovevano essere raggiunti attraverso gli strumenti messi adisposizione della modernità, utilizzando tutti i mezzi di propaganda disponibili.

“In secondo luogo – continua l’autore – i nazionalisti si trovarono concordi nella costruzione pedagogica della coscienza nazionale”. Un terreno sul quale si scontrarono con le intenzioni rivoluzionarie del nascente movimento fascista, nel quale tuttavia finirono con il confluire.
Ma la terza, e forse fondamentale tesi espressa da Federzoni, Cian, Rocco ed altri, “fu il primato della Politica sull’economia e sul diritto”. Una convinzione che gli esponenti nazionalisti cercarono di portare all’interno del Fascismo riuscendoci solo in parte. E dire che proprio Rocco fu uno dei maggiori legislatori del Ventennio, tanto che il suo Codice penale è ancora alla base di quello che si utilizza oggi.
Vale dunque la pena di scorrere queste pagine per rinfrescarsi la memoria su che cosa sia stata la Destra in Italia prima e al di là del Fascismo, allo scopo di riprendere le fila di un discorso che è andato perduto con lo scioglimento del movimento nazionalista dopo la fine del Secondo conflitto mondiale. Un discorso che, come si potrà constatare, non ha perso – al di là delle contingenze storiche – un solo grammo di validità.