Dove si concentrano i siti ed i parchi archeologici italiani? In Campania con Pompei ed Ecolano? Nel Lazio con tutti i reperti romani? Nella Sicilia dei greci? Macché, in Sardegna.
L’Istat ha certificato che, su 206 aree e 81 parchi censiti in Italia, 54 si trovano nell’isola a fronte dei 35 del Lazio, dei 30 della Sicilia.
In Campania sono 21, come in Lombardia, e 20 si trovano in Toscana. Eppure, nell’immaginario collettivo, è difficile che in riferimento all’archeologia si pensi subito alla Sardegna. Colpa, senza dubbio, di una scuola italiana dove la storia contemporanea è terreno di faziosità assoluta e la storia antica è un orpello di cui disfarsi.
Ma la responsabilità è anche dei vertici della politica regionale sarda che hanno sempre fatto molto poco per valorizzare il proprio tesoro storico anche “in continente”. Perché di un vero tesoro si tratta, e non è composto solo dai nuraghe che, già da soli, affascinerebbero chiunque non sia rimbecillito con i giochini sullo smartphone. Reperti di varie civiltà, il mito di Atlantide, c’è solo l’imbarazzo della scelta.
No, in realtà c’è anche l’imbarazzo dei costi da affrontare per raggiungere l’Isola via mare o via cielo. Ed una imbarazzante rete stradale o un pressoché inesistente servizio ferroviario. Senza trascurare il costo del noleggio di auto per chi sceglie l’aereo per arrivare in Sardegna.
Tutti aspetti che penalizzano proprio il turismo culturale e la visita delle zone archeologiche. Perché chi arriva in Sardegna per godersi il mare, la spiaggia o gli scogli ha minor necessità di spostarsi rispetto a chi vuole visitare lo Ziqqurat di Monte d’Accoddi, le rovine romane, le tombe dei giganti oltre a qualcuno delle migliaia di nuraghe.
Tra l’altro la carenza di promozione dell’archeologia sarda favorisce la selezione dei turisti. Perché tutti conoscono Pompei ed a visitare gli scavi arrivano torme di vacanzieri maleducati e, in realtà, poco interessati. Chi va alla ricerca di un sito fenicio o prenuragico sa cosa sta cercando. Tutt’al più si sentirà un po’ archeologo per essere riuscito a raggiungere la zona dei ritrovamenti nonostante la assoluta inadeguatezza delle informazioni stradali. Tutti con il navigatore, alla scoperta del polo di incontro dei popoli del Mediterraneo. O di ciò che resta di Atlantide.