Laurearsi a 30 anni è possibile. Basta avere un fegato ipersviluppato, resistenza alla caffeina e pazienza. Tanta pazienza.
A diciotto anni mi iscrissi alla facoltà di Giurisprudenza.
L’idea era quella di diventare un’Ally McBiel dei poracci.
Mi ci vedevo in tailleur e caschetto.
Ero un’adolescente grassoccia con evidenti problemi di ipertricosi e l’attenzione di Dory: proiettavo un’immagine di me alquanto improbabile (se non impossibile).
Alla fine ce l’avevo quasi fatta, poi la vita si è mostrata per quella che è: una stronza egoista capace solo di rovinarti la festa. E così, addio laurea!
Comunque dovevo capirlo: il mio era un diploma (di scuola media superiore) sperimentale, indirizzo Arte e Design. Disegnavo corpi bruttini e mescolavo male i colori. Ma quello che facevo mi piaceva e di colori, alla facoltà di legge, ne ho visti ben pochi.
C’erano il giallo dell’evidenziatore e il blu della copertina del Codice Civile. Stop.
Così, sono andata avanti. Facendo decine di cose diverse sperando sempre, un giorno, di potercela fare.
Nel frattempo ho vissuto una di quelle storie “d’amore” tossiche in cui “prima il dovere, a sessant’anni forse il piacere“.
Quanto tempo sprecato… ma di questo parlerò un’altra volta.
Ma sono caparbia e ci ho provato ancora eh. A 25 anni ci ho provato con una di quelle università “per chi lavora”. Scelsi Comunicazione, diedi circa 5 esami e buttai più o meno 3000 euro.
Fallii una seconda volta. E fu tremendo.
In ogni caso, a un certo punto le cose si “stabilizzarono”.
A 30 anni avevo finalmente una casa degna di questo nome, una professionalità, l’esperienza ma soprattutto una persona accanto che mi voleva (e vedeva) aquila anziché pollo.
Iniziai a guardare le brochure di varie facoltà, spulciare le pagine web, pormi domande, avere dubbi… Per poi fare il grande salto: iscrivermi.
Qui apro una parentesi: la facoltà in questione seguiva quello che è stato il mio percorso lavorativo. In un certo senso ero avvantaggiata e soprattutto, c’era l’obbligo di frequenza.
Stringendo i denti (bruxismo vieni a me!) e diminuendo il carico di lavoro ho potuto seguire le lezioni con una certa regolarità, sostenere tutti gli esami in tempo utile e con discreti risultati.
La giornata era suddivisa più o meno così:
• 8 ore dedicate alle lezioni o allo studio 5/6 giorni su 7
• 6 ore dedicate al lavoro 7/7
Alla fine, sta laurea?
Ho terminato quest’anno: il 20 luglio del 2018, alla veneranda età di 33 anni, ho finalmente conseguito la tanto agognata laurea.
Laurearsi tardi ha molti svantaggi, non lo nego. Le aziende storcono il naso (sei vecchia!), sei circondata da ventenni che non perdono occasione di dirti: “hey, guarda che non c’hai più l’età!” per poi cercarti quando non capiscono una fava.
I capelli bianchi spuntano prima del tempo e se pensavi di poterti permettere una beauty routine di quelle serie, dovrai ricrederti, optare per un prodotto 10 in 1 acquistato al discount sotto casa e accettare le rughe.
Laurearsi lavorando poi è un po’ come prendere mazzate: ne esci malconcio ma in qualche modo, il giorno dopo te la cavi.
Ci sono anche tanti, tantissimi lati positivi: i ventenni possono stupirti, regalarti quel pizzico di spensieratezza in più, aiutarti a vedere le cose in modo diverso, più interessante.
Ho avuto la possibilità di conoscere persone meravigliose, giovani e meno giovani (vero relatore?).
Professionalmente, si sono aperte diverse porte: starà a me scegliere quale di queste varcare!