Il Tg5 Stelle, ex Tg1 Rai, ha spiegato che dall’Istat sono arrivati segnali confortanti per l’economia italiana. Eh sì, davvero confortanti. Si conferma infatti stagnante l’andamento della produzione industriale. In febbraio l’indice destagionalizzato calcolato dall’Istat si attesta a quota 101,9 con un incremento dello 0,2% su gennaio e con livelli sostanzialmente allineati con quelli degli ultimi quattro mesi del mese scorso e decisamente inferiori, come mostra il grafico, ai livelli del 2019.

Considerando che le follie di Speranza hanno distrutto il comparto turistico e quello della ristorazione, diventa difficile immaginare il boom del Pil a fine anno. Perché non è chiaro quali dovrebbero essere, per il Tg più seguito della Rai, i settori in grado di trascinare la ripresa.
Dai dati diffusi oggi dall’Istat emerge poi che nel febbraio scorso ben 11 dei 15 settori considerati accusano una contrazione congiunturale rispetto a gennaio, mentre mettono a segno risultati positivi soltanto le industrie alimentari (+0,8%), le tessili (+3,5%), i prodotti farmaceutici (+6,3%) e i prodotti di elettronica (+1%). Ovvia la crescita dei farmaceutici mentre il tessile è alle prese con un rimbalzo dopo le difficoltà passate.
Sulla base dei dati attualmente disponibili, secondo il Centro Studi Promotor, sembra difficile che l’attività industriale possa dare un contributo significativo al recupero, sia pure parziale, del crollo del Pil nel 2021. Lo scorso anno la caduta del Pil aveva sfiorato il 10% e non è a colpi di zero virgola qualcosa che si recuperano le posizioni precedenti. “D’altra parte – proseguono al Csp – non si può non segnalare che ad oltre un anno dall’inizio della pandemia non sono stati adottati provvedimenti significativi per sostenere la nostra industria e modesto, se non nullo, dovrebbe essere nel 2021 anche l’apporto del PNRR al settore dell’industria. E ciò non tanto e non soltanto per le lentezze burocratiche del nostro Paese, ma anche per quelle ugualmente gravi dell’Unione Europea”.
Un’analisi, quella del Centro studi bolognese, non proprio in linea con l’entusiasmo obbligatorio dei giornalisti del Tg1.