Le categorie, diciamo così, psicologiche con cui siamo soliti interpretare l’azione di uomini, gruppi, popoli, sono, per lo più, fallaci. E fuorvianti. Perché tendiamo a proiettare, sempre, noi stessi, il nostro modo di pensare e vivere le cose, anche sugli altri. Pensando che tutto il mondo non sia che un unico, vastissimo, Occidente. In salsa ketchup, che annichilisce ogni altro sapore.
Ma non è così.
Il mondo non è solo bello perché è vario. È, anche, estremamente pericoloso, proprio perché estremamente vario.
E per potervisi orientare sarebbe necessario imparare l’arte, non facile, della distinzione. Ovvero cercare di comprendere l’altro da noi. Il suo modo di pensare, e di sentire, le cose.
Prendiamo Hamas. Assurdo, oltre che inutile, cercare di incasellare la sua azione nei nostri schemi politici e psicologici. Un errore madornale, che è stato fatto in passato. E che si continua a fare, nonostante l’evidenza dei fatti. Che dimostrano come detti schemi abbiano portato a commettere errori fatali. Di cui tutti il mondo sta ora pagando le conseguenze.
Hamas, ben prima di essere un movimento politico, e una forza militare, è un movimento di carattere religioso. Nato da una costola palestinese dei Fratelli Musulmani. Quindi, paradossalmente, rappresentante un Islam moderno. Perché i Fratelli Musulmani questo sono. Una deriva tutta moderna della tradizione islamica sunnita. Fondata da Hasān al-Banna, un insegnante che voleva risvegliare la spiritualità e la tradizione islamica “corrotte” dal dominio turco considerato troppo “liberale”, nel 1928, la Fratellanza prende ben presto una china più decisamente politica. E trova in Sayyid Qutb il suo principale ideologo.
Un ideologo, Qtub, inizialmente vicino al nazionalismo arabo, che cercava di conciliare con una visione rigorista dell’Islam sunnita. Cui, forse, non era estranea la formazione ricevuta negli Stati Uniti, e l’incontro con la cultura puritana. Entrò in rotta con Nasser. E finì impiccato per cospirazione.
Hamas viene da questa radice. Nella quale il nazionalismo palestinese passa in secondo piano, e sostanzialmente sparisce, di fronte al sogno di uno Stato Islamico. A differenza dell’Isis – che Hamas ha contrastato nella Striscia di Gaza – il sogno del Califfato islamico è, sostanzialmente, assente. O, comunque, materia solo per discussioni teoriche.
Per altro, nelle applicazioni delle leggi islamiche, i capi di Hamas si dimostrano molto meno legati ad un rispetto rigoroso di quanto comunemente si creda. Un esempio fra tutti. La tradizione sunnita vieta, rigorosamente, ogni forma di suicidio. Ma Hamas ha più volte fatto ricorso ad attentati suicidi.
In realtà, in Hamas vediamo conciliarsi un pragmatismo moderno – l’uso abile del denaro, strategie di guerriglia e terrorismo modernissime, capacità di utilizzare strumenti mediatici e di guerra psicologica – con una lettura particolare del fondamentalismo dei Fratelli Musulmani. E, indiscutibilmente, una diffusa “fede” che porta ad un sostanziale disprezzo dell’esistenza. Al sogno di una jihad, che può costringere a sacrificare la propria vita e quella di, moltissimi, altri.
Cerchiamo, ora, di fare, per quanto possibile, una sintesi.
Hamas non è un movimento indipendentista, ma neppure aspira, come l’Isis, al Califfato Universale. È strettamente legata alla Palestina. Ma non persegue, come obiettivo primario, l’indipendenza palestinese. Il suo obiettivo è, piuttosto, fare della Palestina tutta – Gaza, Cisgiordania e, anche, arabi in Israele – una rete sociale, economica, politica e militare controllata dall’organizzazione.
L’Islam sunnita, nella sua versione più moderna e fanatica, è lo strumento con cui Hamas opera. Mobilita le masse palestinesi, mette in minoranza e annienta ciò che resta dell’Olp.
Tuttavia il suo obiettivo è, ad oggi, esclusivamente regionale. Cerca appoggi all’estero, naturalmente. Ma i suoi rapporti con la Fratellanza Musulmana sono, da tempo, compromessi. E con l’Iran sciita, dietro la convenienza del momento, vi è una ostilità ideologica di fondo.
I suoi veri amici vanno cercati, solo, in Qatar.
Hamas vuole che gli israeliani facciano un massacro a Gaza. Un prezzo che sarebbe ben felice di pagare per l’inevitabile ricaduta psicologica. Che le accattiverebbe simpatie in tutto il mondo arabo. E, probabilmente, le permetterebbe finalmente di assumere il controllo della Cisgiordania. Diventando un problema non solo per Israele, ma anche per gli stati arabi limitrofi.
Solo alcune note. Sulle quali riflettere. Per evitare, come dicevo, di prestare ad “altri” il nostro modo di vedere e sentire le cose.
Il che sarebbe un errore clamoroso. Anzi… mortale.