Chi indossa una divisa, anche se fa parte delle truppe di Lamorgese o di qualche sindaco che si sente uno sceriffo del West, dovrebbe avere il senso della misura e del ridicolo. Purtroppo non è così, soprattutto da quando i sudditi italiani sono stati confinati agli arresti domiciliari non per il Covid ma per la disastrosa gestione del Covid. E non è proprio la stessa cosa.
Il quotidiano La Nazione ha quindi intervistato il capo dei vigili di Arezzo, tal Aldo Poponcini, che ha illustrato le brillanti strategie messe in campo dalla psicopolizia municipale per impedire gli incontri tra parenti durante le festività pasquali. Dunque si controlleranno gli ordini del cibo da asporto, per capire se intorno alla tavola si radunano più persone del consentito.

Già il fatto è ridicolo in sè, ma lo diventa ancora di più considerando che il capo dei vigili non è proprio un figurino. E che, considerando la stazza, il suo pranzo pasquale può corrispondere a quello di 2/3 persone mingherline.
Ma questi solerti esecutori delle disposizioni di quel nemico degli italiani che è Speranza, su quali basi valuteranno la normalità di un pasto? Quanti etti di capretto per persona? Quanti cappelletti? Quanta cioccolata?
Si può ridere, ma è un errore. Perché questi tutori della dieta – ma sempre così distratti di fronte al proliferare dello spaccio e della mafia nigeriana – hanno l’alibi della difesa della salute dei sudditi. Dunque, quando l’emergenza sarà terminata, con lo stesso criterio si sentiranno in diritto di intervenire per controllare il consumo di vino, le quantità di carne rossa, le tazzine di caffè.

Si inizia cedendo quote di libertà in nome della salute e si finisce senza la benché minima libertà perché la psicopolizia controllerà tutto. Per il nostro bene, s’intende.