Per anni le femministe hanno protestato contro l’utilizzo delle donne in pubblicità. Facendo notare, giustamente, che una ragazza seminuda non c’entrava nulla con la promozione di un’auto; che una scena di baci voluttuosi poteva andar bene per la pubblicità dei Baci Perugina ma non per lanciare un detersivo per lavatrice; che non era corretto piazzare in prima pagina un bel corpo nudo di giovane donna per alzare le vendite di un settimanale.
Una battaglia fatta propria anche dal “nero” Lucio Battisti, con “Ma è un canto brasileiro”, anche se la gauche caviar preferisce dimenticarlo. O lo ignora davvero, viste le imposizioni musicali di chi gestisce il settore.
Sono dunque finiti i tempi in cui il direttore di un periodico poteva interrogarsi su quanto “pelo” poteva mostrare in copertina, se il capezzolo potesse essere pubblicato oppure no. Ed il crollo delle vendite non è legato ai centimetri di pelle scoperta ma alla qualità degli articoli contenuti all’interno.
Beh no, non sono finiti quei tempi. Perché sono riapparse pubblicità in tv dove il corpo della donna è tornato ad essere un elemento di richiamo pubblicitario per prodotti che non c’entrano nulla. Perché va bene una ragazza sotto la doccia per promuovere un detergente intimo, ma perché mai un “bacio alla francese” dovrebbe sostenere la réclame di una vettura o di un gestore di telefonia? Semplice, perché si tratta di baci tra due donne. Ed allora lo sfruttamento del corpo e dell’immagine si trasforma da tabù in sacrosanto diritto se non in un dovere nel nome del politicamente corretto.
Ormai nella colonia americana chiamata Italy (così è contento anche il ministro Saingoleni/Cingolani) si devono seguire le regole della tv e del cinema yankee: una quota di attori di origine africana subsahariana, un tot di asiatici (ma in misura ridotta rispetto agli africani), qualche nordafricano ed eventualmente un sudamericano. Ma questi ultimi non sono obbligatori. E poi, inevitabilmente, i rappresentanti delle minoranze sessuali. Mica facile, perché gay e lesbiche sono facili da riconoscere da parte del grande pubblico nel caso di baci, ma tutte le altre varianti rischiano di essere discriminate da spot privi di una storia in stile Carosello.
In tutta questa orgia di politicamente corretto viene completamente dimenticata la creatività. Due donne o due uomini che si baciano possono essere utilizzati per vendere un divano o una bottiglia di birra, per uno smartphone o per una moto, per un maglione o per una vacanza. La banalità dei creativi pubblicitari ha raggiunto vertici impensabili. Nella totale assenza di proteste, di dubbi, di perplessità.
Di fronte al politicamente corretto tutti si inchinano, ogni sfruttamento del corpo diventa legittimo, ogni cattivo gusto è concesso. Non ci sono più i grandi pubblicitari come Armando Testa, solo la squallida banalità della dittatura dell’american way of life.