Mangiare, bene, a Milano è facile. Mangiare bene e spendere come se ci si trovasse in una delle altre zone meno ricche del Paese è molto più difficile. Però capita. E, per una volta, nell’infinita guerra tra Torino e Milano è il Piemonte a trionfare. Sì, il Piemonte e non Torino perché la cucina di “La rava e la fava” è chiaramente vercellese, come è vercellese la dinamica titolare che vola da un tavolo all’altro, da un’ordinazione ad un conto. Tanto per dimostrare ai sempre indaffarati milanesi che la vera efficienza si trova al di là del Ticino.
”La rava e la fava” non è certo un locale fighetto. Una trattoria alla buona, che offre i classici menu a prezzo fisso per la pausa pranzo dei lavoratori che non sono certo quelli della Borsa e delle speculazioni finanziarie ed immobiliari. Però, se si ha la voglia di un pranzo di qualità e di soddisfazione, è sufficiente scorrere il menu per ritrovarsi nelle classiche osterie piemontesi, con una scelta ampia che è legata al territorio orientale della regione subalpina.
Già l’indirizzo, in via Principe Eugenio 28, riconduce al Piemonte anche se – in un’Italia che ha cancellato la storia nella scuola – saranno in pochi ad accorgersene. E poi le foto alle pareti non lasciano dubbi sulle origini vercellesi. Confermate da un ottimo risotto non alla milanese ma con funghi e castagne. Ma già prima il Piemonte trionfa negli antipasti, con un omaggio all’intera regione. Bagna cauda e salame d’la duja, Castelmagno e fassone, oltre alle polpette di fave richiamate dal nome della trattoria.
Ai primi la scelta è difficilissima tra risotti, agnolotti superpiemontesi, ravioli del plin, gobboni di Vercelli ed una infinità di proposte, compresa una proposta di mare per chi è ancora convinto che il Piemonte controlli Nizza e Savona. Su prenotazione è possibile avere anche il fritto misto piemontese mentre non occorre prenotare per il bollito misto. Ma anche per i secondi le proposte sono numerose e stuzzicanti. Dal brasato alla tartare (con o senza tartufo), dalla polenta concia d’Oropa ai filetti di fassone preparati in modi diversi.
E per concludere – se ci si riesce, perché le porzioni sono abbondanti: nulla da spartire con gli assaggini dei ristoranti modaioli – l’immancabile bonet o, in alternativa, i torcetti biellesi con mascarpone mentre gli altri dolci hanno un carattere più nazionale.
Il tutto accompagnato da una Barbera della casa più che discreta e da un conto finale che è corretto per la media del Piemonte profondo ma che è estremamente basso per i livelli ormai abituali a Milano.