Ora tocca ai genitori. Francesco Vaia, direttore sanitario dell’istituto malattie infettive dello Spallanzani, lancia un appello alle famiglie affinché convincano i figli ad un atteggiamento più responsabile sul Covid. Ma il suo intervento, sul Corriere, non è l’unico. Saranno le famiglie a dover valutare, ogni mattina, se mandare o meno i figli a scuola. Il governo degli Incapaci fa un passo indietro, dopo aver dimostrato di non essere in grado di affrontare non l’emergenza ma neppure la routine. Ci pensino le famiglie.
Perché i ragazzi non credono più alla montagna di idiozie propinate ogni giorno da esperti inesperti e media di servizio. Chi era il genio che aveva vietato passeggiate nei boschi, camminate sui ghiacciai, pagaiate in mare aperto? Magari lo stesso che ora spiega che il rischio aumenta nei luoghi chiusi, dove si sta seduti. E qualcuno dovrebbe fidarsi ancora? Ma il problema del Covid serve solo ad evidenziare il completo fallimento delle teorie anti famigliari condotte da decenni dall’immondizia radical chic.
Ci pensino i genitori a convincere i figli. Quei genitori che venivano condannati dai magistrati se osavano colpire con una sberla il figlio beccato a drogarsi? Quei genitori sbeffeggiati dai guru politicamente corretti se osavano pretendere un briciolo di educazione in casa? Quei genitori a cui i figli venivano tolti dai servizi sociali perché non seguivano il modello di comportamenti imposti dal pensiero unico obbligatorio? Un brano di Giorgio Gaber, “I padri miei” è illuminante sulla differenza tra, appunto, i padri del passato e quelli che piacciono alla gente che piace. E non è particolarmente tenero con gli inetti “padri tuoi”.
Si è svilito il ruolo dei genitori, si sono denigrati i tentativi di insegnare il rispetto delle regole, si è distrutta la famiglia tradizionale ed ora si pretende che i genitori, improvvisamente, recuperino tutto ciò che è stato cancellato da un branco di ritardati mentali? Troppo comodo. Troppo tardi.