Washington accusa Pechino di sostenere la Russia attraverso la collaborazione di alcune aziende statali cinesi. Ma, ovviamente, gli Stati Uniti si chiedono ipocritamente se il governo di Xi Jinping è al corrente di queste iniziative. È ovvio che il leader cinese sia perfettamente al corrente. E lo sanno anche i nordamericani. Però il gioco delle parti prevede sempre questa dose di sana ipocrisia che permette di non far precipitare la situazione. Così, come se nulla fosse, Pechino ha appena stipulato nuovi accordi per importare il gas liquefatto statunitense. Il che farà aumentare il prezzo del gas che gli “alleati di Washington” rifileranno ai maggiordomi europei. Evviva gli amici americani!
Ma il gioco tra Cina e Usa non rappresenta certo un’eccezione. L’India spedirà ai confini con India e Pakistan nuove attrezzature militari, tra cui 48 tute jet. Ovvio, Pakistan e Cina sono i rivali storici di Nuova Delhi. E, infatti, in perfetta coerenza con questa inimicizia, India e Cina investiranno insieme per ammodernare il porto di Mongla, in Bangladesh. Con la stessa logica, l’India sarà il terminal del gasdotto Tapi (Turkmenistan Afghanistan Pakistan India), alla cui ultimazione parteciperà anche la Russia. Ed altre iniziative in ambito energetico e commerciale coinvolgono sia l’India sia il Pakistan, insieme ad Iran e Russia.
In fondo è la stessa logica che ha portato lady Garbatella a firmare nuovi accordi con l’Algeria, fingendo di non sapere – o di non aver capito – che Algeri è alleata di Mosca. Giusto così, anzi un plauso a Meloni che, per una volta, si è occupata degli interessi italiani e non di quelli delle multinazionali statunitensi.
Però ha subito provveduto Tajani a spegnere l’entusiasmo per il cambiamento di rotta in Algeria. L’ex monarchico in quota Berlusconi è volato in Egitto ed ha subito iniziato a rompere le scatole non solo legittimamente sul caso Regeni, cittadino italiano, ma anche per Zaki, cittadino egiziano processato da un tribunale egiziano: come farsi voler bene.. Ora attendiamo che Al Sisi ci chieda conto dei 30 anni impiegati per trovare, in Sicilia, il più pericoloso latitante di mafia. O che qualche altro Paese protesti per la durata dei processi in Italia, per alcune sentenze scandalose, per i morti degli anni di piombo senza giustizia.