A partire dagli anni 90 fino ai nostri giorni il discorso pro-immigrazione senza se e senza ma della sinistra, estrema e non, risulta di sicuro il più grande cortocircuito a cui chi si interessa di politica ha dovuto far fronte.
Un fenomeno difficilmente comprensibile alla base della lettura dei maggiori pensatori di quell’area politica.
E allora se in Italia a rinsavire sull’argomento sono solo il filosofo neomarxista Diego Fusaro, tacciato per questo di rossobrunismo, e il Partito comunista di Marco Rizzo, spesso lontano anni luce dalle posizioni di Rifondazione comunista, Potere al popolo e centri sociali, ecco che da poco meno di un anno in Germania c’è chi prova a ribaltare la tesi della sinistra nemica dei confini e sempre a favore delle porte aperte, se non spalancate, a qualsivoglia numero di immigrati (regolari, irregolari o economici poco importa).
Nato nel settembre 2018 il movimento Aufstehen (In piedi) è salito alla ribalta per aver criticato la cancelliera Angela Merkel e il governo tedesco a guida Cdu per il costo dell’accoglienza fatto ricadere sui cittadini della maggiore potenza dell’Europa continentale. Il movimento, nato all’interno del partito Die Linke (La sinistra) vede in Sahra Wagenknecht la sua fondatrice, moglie di Oskar Lafontaine, ex leader della Spd (Partito Socialdemocratico), già ministro delle Finanze del governo Schröder ed, in seguito, candidato alla cancelleria per la Linke.
Come spiegato anche da Clemente Ultimo nel suo recente saggio “Alternativa per la Germania. 1989-2009: la destra tedesca dall’Npd al sovranismo” edito da Passaggio al bosco l’obiettivo, di quello che non vuole essere un nuovo partito, è riappropriarsi dei voti persi, soprattutto nell’est del Paese, a vantaggio di Alternative für Deutschland (Alternativa per la Germania, Afd) riportando al centro del dibattito la difesa dello Stato nazionale e delle politiche sociali al fine di evitare la “guerra fra poveri” tra il proletariato tedesco e i nuovi arrivati.
Per farlo non sono mancate proposte destinate ad essere rigettate da membri della stessa sinistra come quella della revoca del diritto di asilo per gli immigrati che commettono crimini gravi. Come sottolineato anche da Benedikt Kaiser in un recente numero della rivista Diorama letterario, la Wagenknecht cita spesso nei suoi discorsi il candidato alle primarie democratiche Bernie Sanders e la sua critica al ruolo di esercito industriale di riserva che gli immigrati vanno ad occupare nelle nazioni occidentali di arrivo finendo col generare pressione sui bassi salari, gli alloggi sociali, le scuole e gli asili-nido.
Pur essendo ospite fissa nei dibattiti televisivi e avendo raggiunto numeri di tutto rispetto per la sua newsletter la Wagenknecht corre il rischio di presentarsi come un colonnello senza esercito. Rischio che si tramuta in contestazioni interne che le sono costate anche una torta in faccia in una riunione del partito a Magdeburgo da parte di un gruppo antifascista che l’ha tacciata di misantropia. A non comprendere la sua chiave di lettura, infatti, al momento sono sia gli elettori che hanno punito il partito di estrema sinistra alla tornata del 26 maggio per eleggere i parlamentari europei sia i militanti, ancorati a quelle tesi che producono un insuccesso dopo l’altro.