In una Torino generalmente in crisi, a risaltare, in negativo, c’è la questione delle periferie. Luoghi ormai abbandonati da tutti, degni di attenzione solo quando oggetto di brani di cronaca, come nel caso delle espressioni di malessere sociale durante il primo lockdown.
Le condizioni di vita nelle periferie sono notevolmente peggiori rispetto al centro della città. Aveva fatto scalpore, qualche tempo fa, uno studio che evidenziava come nel tragitto della linea 3 del tram, dalla zona precollinare di Vanchiglietta alla periferia di Vallette, la vita media si riducesse di quasi quattro anni.
Se poi si considerano gli aspetti relativi alla sicurezza urbana (clicca qui per saperne di più) e alla povertà (ne abbiamo trattato qui), il quadro risulta preoccupante. Ecco perché è importante capire quali siano le intenzioni in merito di un candidato sindaco.
La situazione delle periferie a Torino
La situazione indicata nei paragrafi precedenti ha ovviamente risentito della pandemia da Covid-19. L’aumento della forbice sociale ha portato ancora più malessere nelle periferie, ove gli episodi di sfogo sono stati frequenti durante i lockdown.
Le politiche delle amministrazioni comunali, negli ultimi vent’anni, sono sempre state all’ordine della gentrificazione. L’idea in sostanza è di rendere le zone più vicine al centro sempre più costose, in modo da “cacciare” i meno abbienti. Il tutto con la scusa della riqualificazione.
Tra gli esempi più chiari di questo fenomeno vediamo il quartiere di San Salvario. Un tempo considerato malfamato e oggi centro della movida con affitti alti. Oppure c’è il caso di Porta Palazzo, che ha visto collocati, del tutto fuori contesto, la Scuola Holden e il Mercato Centrale: due strutture per ricchi in un quartiere per poveri.
Tutti questi approcci vanno ovviamente a discapito di un atteggiamento costruttivo, che elimini il disagio e la povertà senza costringere i redditi più bassi a trasferirsi.
Come risolvere la questione periferie a Torino
Paolo Damilano, candidato sindaco per il centrodestra alle elezioni comunali, sembra avere le idee ben chiare: “Con strategie disegnate non sul territorio ma intorno alle persone e ai loro bisogni. Inoltre, con strategie non di rimedio, ma di trasformazione e di rigenerazione. I Borghi di Torino devono rientrare nella strategia di sviluppo dell’intera città”.
E se queste vi paiono idee fumose, ecco qualche azione concreta, tratta dal suo programma:
- “Garantiremo sicurezza, come prevenzione e come capacità di “salvaguardia dei luoghi e delle persone dai rischi”, anche grazie a un nuovo progetto di polizia di vicinato; il miglioramento dell’arredo urbano e dell’illuminazione stradale;
- Realizzeremo nei borghi i nuovi programmi di housing, sia sociale che affordable, così come anche di elderly housing e di student housing, grazie ai fondi del PNRR dedicati e alle collaborazioni pubblico-privato, inserite in più completi programmi di rigenerazione urbana;
- Rafforzeremo il piano di ristrutturazione degli edifici scolastici, non solo ai fini della sicurezza ed efficienza energetica, bensì anche ai fini dell’innovazione nella didattica. Le scuole e la cultura saranno al centro del rinnovamento dei borghi. Ci sarà più didattica complementare, con un ampio coinvolgimento di tutti gli ambienti civici, anche per raggiungere gli obiettivi di tempo pieno nelle scuole;
- Lanceremo un programma di rilancio dei luoghi sociali e culturali dei quartieri, dalle biblioteche alle “case dei quartieri”, ai teatri, ai luoghi per l’associazionismo, che coinvolgeremo nel miglioramento dei Borghi, anche con i cantieri di lavori pubblici e di servizio civile. Più eleveremo il capitale sociale, più si alzerà il tasso di occupazione e il reddito delle comunità.
- I servizi anagrafici e tutti i servizi comunali a sportello saranno assicurati nelle periferie. Guideremo la digitalizzazione per ridurre l’assorbimento del personale dei back office per mantenere il personale di front office, che sarà formato per gestire più pratiche attraverso gli sportelli polifunzionali. Con le prenotazioni, livelleremo l’impiego delle risorse e taglieremo le code, aumentando la soddisfazione”
A questi punti si aggiungono idee di riqualificazione e reinserimento nel mondo del lavoro per i NEET, miglioramento dei collegamenti di trasporto pubblico, delle strutture sportive e molto altro.
L’idea di fondo, secondo Damilano, è creare una città che sia una rete. Non una realtà divisa in due, ricchi e poveri, centro e periferia. Perché la città è vita insieme e non deve essere conflitto.