“Siamo fatti della sostanza dei sogni” Shakespeare, La Tempesta. Il Bardo, come è convenzione chiamarlo, la scrisse tra il 1610 e il 1611. Il suo ultimo capolavoro. E forse il più difficile da decifrare. Da afferrare, perché è volatile e mutevole come Ariele, uno dei protagonisti. Auden ci ha provato. La sua rivisitazione lirica della Tempesta è straordinaria, raffinata. Elegante. Ma Shakespeare resta altra cosa. Versi – lo scintillante blank verse Elisabettiano – di rara potenza evocativa. E immagini che si incidono nel profondo. Che divengono, o forse evocano fantasmi che si agitano nel nostro subconscio. Archetipi. Come questa frase, appunto.
La sostanza dei sogni…ma hanno sostanza i sogni? Perché noi siamo usi considerarli qualcosa di evanescente, di inconsistente. Di privo, appunto, di sostanza. Il prodotto delle tensioni della giornata deformate nel sonno, se non peggio. Gli effetti psichici di una cattiva digestione. E, quindi…. niente di reale. E di sostanziale.
Eppure, noi sogniamo. E nel sognare abbiamo la convinzione di vivere. Un’altra vita. Una sensazione tangibile. Concreta.
Certo, sono esperienze, a volte vicende e storie…strane. Dove intervengono molti elementi diversi. Ove interagiamo con esseri diversi. Non vi è determinazione di tempo. O, per lo meno, non vi è un tempo ordinato e ordinario. I vivi e i morti interagiscono. Coesistono, come perfetti contemporanei… e non vi è età. La stessa figura, per un attimo, ti appare giovanissima. Subito dopo vecchia. È come se si fosse su un altro piano temporale. Dove tutto è contemporaneo. Non vi è né passato, né presente. È come se, nel sogno, si realizzasse il “Fermati sei bello!” di Faust.
E coesistono personaggi del mondo diurno, gente che conosci, che incontri nella quotidianità, con la quale parli normalmente. Ma che, nel sogno, appaiono impercettibilmente diverse, che so per una sfumatura, un diverso accento, qualcosa nel vestiario. Un atteggiamento. Un modo diverso, e inquietante, di sorridere.
E poi ci sono altre figure. Fantastiche. Nel senso che nella vita diurna non appaiono. Ma che hanno piena cittadinanza nel mondo onirico. Alcune a tratti riconoscibili. Almeno in parte. In qualche frammento di razionalità – perché la ragione ogni tanto si intromette nel sognare, e cerca di trovare spiegazioni, con i suoi strumenti – ti sembra di riconoscere personaggi di cui hai letto in un libro. O che avevi incontrato nelle fiabe che ti avevano narrato nella prima infanzia…
E i paesaggi, anche. Memorie spezzate. Luoghi dell’infanzia. Della primissima infanzia, quando il ricordo non può essere che evanescente lampo. E paesaggi presenti, trasfigurati. E luoghi magici. Tu sei nel tuo salotto, e lo vedi così come è sempre. Ma, in fondo, vi è una porta. Insolita, sconosciuta. E ti alzi. La apri. Ti ritrovi…altrove. In un ignoto dai colori vividi. Tanto vividi da apparire irreali.
La sostanza dei sogni. Shakespeare ci dice che di questo siamo fatti realmente. Un tessuto complesso. Una tela in cui si intrecciano innumerevoli fili, e formano disegni fantastici. A volte incubi. A volte di una incredibile tersità.
Pensieri oziosi, forse. Un divagare della mente stanca, mentre attendo il Novilunio di ottobre. Mentre il sonno comincia ad insuinarsi nella veglia. E tutto sfuma…
1 commento
Di fronte alla realtà attuale con tutte le contraddizioni e le difficoltà i sogni belli aiutano a vivere ad essere più ottimisti e sereni