Le elezioni presidenziali argentine si avvicinano e i sondaggi più recenti indicano un’ulteriore crescita del ticket peronista Fernández-Kirchner rispetto al successo ottenuto nelle primarie di metà agosto.
Secondo il Centro de Estudios de Opinión Pública il vantaggio dei candidati del Frente de Todos (Fronte di Tutti, FF) avrebbe guadagnato un altro 5% raggiungendo un margine di venti punti percentuali sull’uscente Mauricio Macri e sfondando il 50% dei consensi.
Se nemmeno le misure economiche d’urgenza per famiglie e imprese dovessero risollevare l’inquilino ultraliberista della Casa Rosada, l’opposizione ai prossimi quattro anni di governo peronista sarà, indubbiamente, rappresentata da coloro che già oggi cercano di determinare l’esito elettorale: l’alta finanza e i media internazionali.
Il crollo del 20% subito dalla moneta nazionale, il peso, e quello del 48% della Borsa di Buenos Aires all’indomani del successo alle primarie presidenziali era facilmente pronosticabile.
Il Fondo Monetario Internazionale è tra le organizzazioni più preoccupate dal ritorno in auge della ex presidentessa che, con il defunto e compianto marito Nestor, fu l’artefice dell’espulsione dell’istituzione economica dal suolo del Paese sudamericano.
Sullo stesso piano si sono posti, da tempo, i media occidentali e, senza dover scomodare quelli statunitensi, basta citare l’ignoranza e la malafede del Corriere della Sera nostrano secondo il quale l’ex presidentessa sarebbe stata artefice di un pessimo governo. Peccato che, dati alla mano, sia stato Macri a ridurre l’Argentina nuovamente alla fame facendola cadere quasi sull’orlo dello stesso baratro di inizio millennio che tutti ricordiamo.
Se durante i due mandati della Kirchner la povertà si ridusse dal 21% all’11%, la disoccupazione scese anche nelle zone più depresse del Paese come quelle settentrionali e i programmi sociali aiutarono milioni di cittadini a formare un nuovo ceto medio, è con il mandato dell’ex imprenditore che tutti i dati si sono capovolti. La povertà ha raggiunto il 34,1% pari a quasi quattordici dei 40,5 milioni di abitanti dello Stato sudamericano, gli indigenti sono quasi tre milioni e l’inflazione è superiore al 50%.
Gli argentini sembrano averlo capito e ben il 61% di loro individua l’attuale governo come responsabile di questi dati a dir poco preoccupanti contro il 15% che accusa l’attuale opposizione.
La strada per Alberto Fernández non è in discesa ma potrebbe rilanciare il socialismo nel continente sudamericano insieme alle sfide elettorali che attendono contemporaneamente Evo Morales in Bolivia e il Frente Amplio in Uruguay.