Rintanati!
Gli umani sono proprio messi male se una talpa li apostrofa Rintanati!
Il primo giorno di esercizio della sovranità popolare dopo (o durante) la pandemia, dove si sono nascosti i leoni da tastiera, le aquile della politica, gli orsi della finanza, i rapaci dell’economia, le volpi dell’imprenditoria? Distratti o a ritoccarsi la tintarella prima dell’inizio dell’autunno o coinvolti in un interminabile brunch-apericena domenicale?
Fino a ieri odiatori seriali o ipocriti impenitenti, e domenica, il secondo giorno più importante dalla fine del lockdown, dopo la riapertura delle scuole (e la ripresa del campionato di calcio), tutti in tana.
Impauriti o indifferenti o incoscienti: importa poco.
“… è facile odiare di lontano, … quando finalmente ci imbattiamo nell’essere che abbiamo tanto detestato, finiamo per scoprire in lui molti più elementi comuni di quelli che avevamo immaginato. Ci accorgiamo che il nemico ha la nostra stessa faccia, quasi le stesse abitudini …”.
Chi diserta le urne non ha niente da dire alla “casta”, che è trasmutata e ora è composta proprio da quanti l’hanno additata al pubblico ludibrio: non è più credibile.
Se saranno pochi a votare (e domenica sera erano pochi, molto meno di uno su due) l’antipolitica avrà vinto comunque: certamente se vinceranno i “si”, ma anche se vinceranno i “no” con una scarsa partecipazione al voto.
Ogni rintanato, che ha disertato le urne, è un antipolitico.
Non importa se le statistiche diranno che per una consultazione confermativa – come il referendum sulla riduzione dei parlamentari – un votante ogni due elettori è da considerare una buona affluenza (furono uno su tre nel 2001, uno su due nel 2006 e due su tre nel 2016): questa volta è diverso.
Gli elettori – il primo soggetto politico in un ordinamento democratico – devono riappropriarsi del loro “territorio” e del loro “tempo” politico: devono esserci dentro le urne (e fuori dalle loro tane).
Non esserci equivale a rinunciare al proprio ruolo, come capitò al re che lasciò Roma per Brindisi: un gesto che gli valse l’esilio, nonostante il generoso perdono di molti italiani (anche allora era settembre: la fine dell’estate non è di buon auspicio per la politica del coraggio).
Lasciare il proprio paese con qualcuno che raccoglie la corona dalla polvere è un privilegio che solo i re possono permettersi: se noi cittadini ci esiliamo, nessuno raccoglierà il testimone democratico che lasceremo cadere per terra.
Se dovesse capitare, l’unica possibilità sarà cercare una tana … finché il cacciatore non la scoprirà.