Il passato.
All’inizio di settembre di 77 anni fa giovani e meno giovani italiani, figli di famiglie stanche, disorientate e impoverite, hanno iniziato ad affrontare la fase più dura della guerra contro lo straniero e contro altri italiani.
Non credo che qualcuno abbia immaginato “andrà tutto bene”: anche per i sopravvissuti le ferite e il cambiamento sono stati profondi. Non è andato tutto bene, ma sono loro, gli eroi da cui discendiamo, che l’hanno fatta andare comunque bene.
Come hanno fatto? Possiamo solo provare a immaginarlo: hanno attraversato l’imprevedibile, non si sono fermati, hanno sognato per disperazione e si sono dati come obiettivo i loro stessi sogni.
La loro eredità è che ora sappiamo che nonostante il mondo sia pieno di sofferenza, è anche pieno della possibilità di superarla.
Il presente.
Ieri alcuni giovani, increduli, si sono ritrovati insieme nelle loro aule: è stata la prova generale di quanto avverrà lunedì prossimo.
Andrà tutto bene? Chi lo sa, si dice e si legge che dipende esclusivamente da loro.
Così, con non comuni capacità motivazionali e pedagogiche, da quasi tre mesi sono stati caricati di inutili responsabilità gli zaini di un’intera generazione di studenti.
Se non si può proprio fare a meno di riaprire le scuole in presenza che almeno gli studenti siano timorati della “peste” e schiacciati dalla responsabilità di vivere mettendo a rischio la sopravvivenza delle loro famiglie.
Solo da voi, puelli, dipende se le scuole potranno rimanere aperte, se la partecipazione politica tra due settimane potrà essere garantita, se il calo dei consumi e della produzione potrà rallentare, se i posti di lavoro potranno essere conservati, se l’assistenza ai fragili potrà essere assicurata, se l’Italia rimarrà una penisola, se continueremo a esistere come nazione sovrana, se le infrastrutture non collasseranno, se domani il sole sorgerà, …
Il futuro è
evitare di affardellare gli studenti che al mattino sono felici di andare a incontrare i loro compagni, di entrare nell’aula con i loro insegnanti e di tremare per l’interrogazione, di scatenarsi nei corridoi durante gli intervalli, di gettarsi fuori dalla scuola con il suono metallico della campanella, di darsi appuntamento il pomeriggio, di cercarsi per scoprire la vita, se stessi, immaginare qualsiasi cosa che per loro è comunque futuro.
Il futuro è il diritto dei giovani di sognare con leggerezza la vita.
Il futuro è il buon senso e la generosità di quanti hanno perso il controllo delle parole e delle conseguenze che può provocare: i giovani magari parlano poco di sé agli adulti ma li ascoltano molto e, attraverso quello che sentono, costruiscono il futuro loro e dei loro “veci”.
Se non cambia rapidamente l’atteggiamento verso i nostri giovani, saremo tutti responsabili di un danno irreparabile per cui non ci ricorderanno come i loro eroi ma come i loro aguzzini, perché
“Nel momento in cui dubiti di poter volare, perdi per sempre la facoltà di farlo”.
1 commento
Che bell’articolo!! Mi ha toccato nel profondo. Ancor più qui in USA dove i bimbi ed i ragazzi non vanno ancora a scuola ma proseguono con questa follia virtuale.