Nel Seicento a Giaglione – piccolo comune posto sopra Susa, lungo la strada che conduce al Moncenisio e in Francia – i vigneti occupavano più di 100 ettari. Ma dopo la seconda guerra mondiale erano praticamente scomparsi. Le fabbriche del fondovalle, la ferrovia, l’emigrazione verso Torino avevano ridotto drasticamente il numero degli abitanti e, con loro, la superficie coltivata, non solo a vigne. Il bosco si era ripreso uno spazio che l’uomo aveva conquistato da più di 2mila anni.
Lo racconta Giancarlo Martina, titolare con la moglie dell’Agriturismo Cré Seren e della Cantina Martina. Artefici del rilancio della viticoltura valsusina e della riscoperta delle potenzialità turistiche di un territorio al confine tra Alta e Bassa Val Susa. Un rilancio che parte anche con le compensazioni che i Comuni (Giaglione e Chiomonte) avevano ottenuto per la costruzione dell’autostrada Torino-Bardonecchia-Fréjus. Compensazioni che non tutti hanno ricevuto e che non sempre sono state utilizzate in modo proficuo.
Giaglione sì. Grazie a personaggi come Martina e la moglie che hanno creduto nelle potenzialità di un vino sconosciuto ai più. Mettendo d’accordo 230 microproprietari per riuscire ad accorpare una manciata di ettari iniziali, 6 a Chiomonte e 2 a Giaglione. E poi con l’appoggio dell’Università di Torino, attraverso Vincenzo Gerbi, per migliorare i vini del territorio. Non più bevande per un consumo quotidiano sostanzialmente anonimo, bensì vini con un carattere, con un’anima, con un fascino che cresceva progressivamente, man mano che gli interventi ottenevano i risultati sperati. Anche ignorando le limitazioni di una burocrazia inevitabilmente ottusa.
Solo nel 1997 nasce la Doc Valsusa, con vitigni autoctoni come Avanà e Becquét (o Becquét) ma anche con l’inserimento di Barbera, Dolcetto e Neretta cuneese. Successivamente sarebbero arrivate Doc specifiche per Avanà, Becquét e Baratuciat, l’unico bianco. Per una produzione complessiva di circa 80mila bottiglie Doc ed altre 30mila con denominazione diversa. Perché il Consorzio comprende oggi, oltre ai territori della “viticoltura eroica” di montagna, anche quelli della Bassa Valle.
La denominazione, paradossalmente, ha creato qualche perplessità nella commercializzazione. Perché, ad esempio, Martina si era imposto con il suo Malliolo, un Becuet in purezza, e ovviamente non ha cambiato il nome. Ha solo aggiunto Becuet sull’etichetta. Tra l’altro la definizione Malliolo è importante sotto l’aspetto storico poiché è un nome di derivazione celtica che significa “radura della vigna nuova”, a dimostrazione della coltivazione della vite ben prima dell’arrivo dei romani.
Dalla Storia all’attualità. Con le vigne che devono essere protette con profondi muretti di cemento e solidissime alte reti metalliche per evitare la distruzione da parte di cinghiali, cervi, caprioli e tassi. Ed ora si aggiungono i problemi della siccità e l’ennesima ottusità burocratica. La cantina e l’agriturismo, però, non si arrendono. Con 25 posti letto a disposizione, una cucina rigorosamente del territorio tra prodotti dell’orto, formaggi, carni. E ciò che non è prodotto direttamente, proviene da aziende della zona, per un ciclo completo dai campi alla lavorazione ed alla tavola. Sapori antichi e genuini. Perfetti per un turismo differente rispetto a quello delle località sciistiche dell’Alta Valle.