L’autonomia è una bella cosa, l’indipendenza è anche meglio. Però, entrambe, richiedono competenza e buon senso. Invece la Valle d’Aosta ha per ora solo evitato di precipitare in zona rossa, ma i rischi restano non solo per l’ottusità cronica di una burocrazia italiota che non perde occasione per dimostrare la propria dannosissima imbecillità, ma anche per una serie di imperdonabili errori propri.
Sin dall’inizio tutti (o quasi) avevano capito che con il Covid ci si sarebbe confrontati a lungo. E che, dunque, sarebbe stato indispensabile un potenziamento delle strutture sanitarie. Si è fatto? Ovviamente no. Bisognava trastullarsi sull’opportunità di distruggere uno dei rari valloni delle Alpi ancora incontaminato per poter collocare altri impianti di risalita. Bisognava varare una politica tariffaria per lo sci (per impianti di proprietà regionale) in grado di scoraggiare i turisti. Tanto, se gli sciatori non arrivano e scelgono altre località, si possono sempre chiedere soldi a fondo perduto all’odiata Roma.
Dunque non c’era tempo per migliorare il servizio sanitario locale. Non c’era neppure tempo per andare a ridiscutere il bacino sanitario di competenza in un caso di emergenza. Perché i 120mila abitanti dell’intera regione alpina rappresentano numericamente un piccolo quartiere di Torino. E, di conseguenza, una famiglia contagiata in più o in meno provoca picchi di crescita o di calo dell’emergenza secondo i calcoli ottusi dei burocrati romani.
C’era il tempo per spiegare agli ottusi le anomalie statistiche. C’era il tempo di chiedere che, sotto l’aspetto sanitario, i calcoli venissero fatti considerando – se non l’intero vicino Piemonte – almeno il confinante Canavese, coinvolgendo l’ospedale di Ivrea che è più comodo di quello di Aosta per chi vive in Bassa Valle e nelle prime vallate laterali.
Macché, troppo complicato, troppo faticoso. Vuoi mica confondere malati canavesani e malati valdostani! Meglio chiudere tutto e chiedere i ristori nazionali. Così chi ha sbagliato la programmazione turistica potrà nascondere i propri errori.