Electomagazine ne aveva scritto un paio di settimane orsono: la politica valdostana era dilaniata dagli scontri tra stambecchi, iene, vecchi leoni in difficoltà. La conclusione poteva essere una sola, con le dimissioni del presidente del governo regionale Erik Lavévaz ed ora 60 giorni per inventare una nuova maggioranza ed evitare l’ennesimo ritorno anticipato alle urne. Che la Vallée sia sostanzialmente spaccata a metà lo si è visto anche alle elezioni di settembre. Aosta manda a Roma due parlamentari. Un senatore, ed è stata votata Nicoletta Spelgatti, leghista sostenuta dall’intero centrodestra; e un deputato, Franco Manes, espressione di un’alleanza tra autonomisti e piddini.
Dunque una netta contrapposizione politica che, in realtà, è molto meno netta di quanto sembri. D’altronde la piccola regione alpina, con un numero di abitanti pari a quelli di un piccolo quartiere di Torino, ha sempre dovuto confrontarsi con il governo romano. E mettersi di traverso non sempre garantiva provvedimenti utili per la Vallée. Per questo, all’interno dell’Union Valdôtaine, c’era chi avrebbe visto di buon occhio un allargamento della maggioranza regionale in direzione del centrodestra, scaricando il Pd.
Il vero problema, però, è la mancanza di una classe dirigente e di un vero leader. Per tanti anni la Valle si è adagiata delegando ad Augusto Rollandin la gestione dei rapporti nazionali ed anche quella degli affari locali. E quando il vecchio leone ha iniziato la fase di declino, tutti hanno improvvisamente scoperto che mancava un delfino. D’altronde “Guste” non ha mai amato preparare la successione a se stesso.. Mentre iene e stambecchi avevano difficoltà a creare solide alleanze perché ogni accordo era siglato con una penna in una mano e un pugnale nell’altra.
Con le dimissioni di Lavévaz emerge nuovamente la mancanza di un personaggio in grado di imporsi davvero per qualità e competenze. Di carisma neanche a parlare. Non si intravedono giovani sufficientemente convincenti, ma si notano perfettamente le faide già in atto. Riproporre qualche politico “usato sicuro”? O marciare verso nuove elezioni che determinino una maggioranza per una volta netta? Nel frattempo i problemi non si risolvono, le difficoltà aumentano ed i ritardi diventano sempre più difficili da colmare.