Nel complesso di tutta la sua opera, e massimamente nel Terzo Libro delle Laudi, Gabriele D’Annunzio canta la varietà. O meglio, la meravigliosa varietà del mondo, come la chiama. Ed è per questo, non per sfoggio di bravura tecnica fine a se stesso, che riplasma il linguaggio. Che inventa sempre nuove parole. Perché è alla costante ricerca di avere strumenti atti ad esprimere tale, infinita, varietà. Così ricca da sfuggire all’espressione, e quindi alla comprensione, degli uomini.
La varietà della natura e i suoi, molteplici, colori. Dei suoni come delle forme. Delle piante e degli animali. I canti degli uccelli, delle diverse “stirpi canore”. Degli uomini e delle donne. I volti, le mani, il modo di camminare…
E persino i lavori. Perché il Poeta dice di ambire, ed avere ambito, a qualsiasi lavoro. Ad essere un conquistatore con la spada, come un agricoltore che aggioga i buoi all’aratro….
Nessuno, forse, come D’Annunzio ha saputo cantare la molteplicità, la varietà multiforme della vita. Darle nome significava, per lui, conoscerla. E conoscere se stesso. Perché Dio diede ad Adamo il potere su tutti gli esseri animati ed inanimati, concedendogli di dare nome alle cose.
Ma quello cui assistiamo oggi, o meglio che oggi culmina, è un processo esattamente opposto. È la negazione della varietà. La ricerca, perseguita con pervicacia, di una uniformità sempre più grigia, insapore, neutra.
Partiamo dal basso. Si fa per dire. Si ricerca sempre più una cucina uniforme, universale. E universalmente insipida. Quando non ridotta ad hamburger e ketchup, ci si inventa la fusion. Che non significa nulla, perché i sapori sono sapori, e sono tali perché distinti. Fusi sono il nulla. O meglio, il ritorno al caos. Però andava di gran moda, fino a qualche tempo fa, fra la gente che le mode segue. I fighetti privi di gusto. E di sostanza.
Poi sono arrivati gli insetti. E l’ immaginazione, oltre che il palato, inorridisce pensando al prossimo passo.
Per altro, le regole imposte da Bruxelles vanno nella direzione del negare la varietà. Le banane, per fare un esempio, devono avere tutte la stessa curvatura. I pomodori lo stesso colore. L’uva senza semi…
E la moda? Giovani e meno giovani che a giovanetti/e si atteggiano, vestono ormai tutti allo stesso modo in gran parte del globo. E in ogni occasione. Essere uguali agli altri, questo conta. Non il contesto, l’ambiente… non il decoro.
Poi si sta cercando di anestetizzare il linguaggio. Di ridurlo ad un gergo di poche parole, gesti e, sostanzialmente, grugniti. Negare i generi, le peculiarità. Le diversità, appunto.
Ci viene detto che è, oggi, necessario sapere l’inglese. Ma questa roba non ê l’inglese di Shakespeare. E neppure quello di Withman. È un codice uniforme, uguale nella periferia di Los Angeles come in quella di Calcutta.
I benpensanti, e quelli che dicono loro cosa devono pensare, pretendono di salvare la Natura. Ma è una natura priva di varietà e bellezza, quella cui mirano. Neppure un deserto… molto peggio, un insipido guazzabuglio indifferenziato.
Per altro, vorrebbero così anche gli uomini. Privi di personalità. Di pensiero autonomo. Senza volto… ed inevitabilmente a me vengono in mente gli incubi di Fritz Lang…
Non parlo della politica. Non ne vale neppure la pena. Un unico modello economico. Un unico modello sociale. La democrazia… ovvero la, assoluta, monotonia di un mondo in cui ogni diversità viene, sempre più, estirpata con violenza inaudita.
La, meravigliosa, Varietà del Mondo fu voluta, secondi tutti i miti, da un Dio. Eros in quello orfico, che trasse l’ordine delle cose, dal caos in cui tutto era indistinto.
E, secondo la Bibbia, ad Adamo fu dato di distinguere e nomare questa varietà.
Ora gli uomini, e soprattutto quelli che pretendono di governare il mondo, agiscono nella direzione opposta. Tendono sempre più all’indifferenziato. Non vi è più maschile e femminile, principi cardini di tutte le cose esistenti. Non vi è più bello e brutto. Buono e cattivo.
Tornare al caos… sembra quasi il sogno, anzi l’incubo di una mente non umana. Un Dio folle, come in certi racconti di Lovecraft.