Questa è una storia di Fantasmi. E, in certo qual modo, anche di Demoni
Per lo meno se è vero che i Fantasmi popolano la memoria. E i Demoni vengono nelle notti di inquietudine e dormiveglia.
Non è, però, la mia ennesima divagazione sulle presenze che vagano per le città deserte nelle notti di Carnevale, come quella appena trascorsa. Anzi il Carnevale non c’entra per nulla… O forse si… perché in questo periodo il sognare si fa più… strano. La percezione sottile delle ombre, più acuta…
Comunque sia, questa è una storia tutta personale. E me ne scuso con eventuali, molto eventuali, lettori che potrebbero restare interdetti… Ma è andata così. E così devo, in certo qual modo, provarmi a darle forma…

Insomma, stanotte ho dormito male. Dormicchiato più che altro. Una finzione di sonno. In cui cerchi di illudere te stesso. Simuli il riposo. E invece sei vigile. Con una lucidità ben diversa da quella del giorno. E, forse, più… Beh, diciamo più profonda.
E così, mentre cercavo di convincermi di essere addormentato, me lo sono visto davanti. In piedi. Dritto. Con gli stessi occhi tanto chiari da sembrare vitrei. I capelli e la pelle quasi da albino. Esattamente come lo ricordavo. Ma come lo ricordavo da ragazzo. In quella, ormai remota, giovinezza nella quale dividemmo e vivemmo tante cose. Tante esperienze..
Uguale ad allora. Non come l’avevo poi visto diventare negli anni. In incontri che facendosi, via via, più sporadici mi mettevano ogni volta di fronte al mio invecchiare. Che si rifletteva nel suo.
“Ciao”. Come se ci fossimo incontrati poche ore prima. Come se tutto fosse normale.
“Che hai combinato?” mi viene da chiedergli. Anche se so che ha ben poco senso..
Lui si stringe nelle spalle, sposta con gesto usuale della mano il ciuffo che gli cade sugli occhi..
“Niente. Stavolta proprio niente. È andata così. Punto. E mi viene quasi da ridere. Con tutte quelle che ho combinato nella mia vita… E invece stavolta… Ero solo. Tranquillo. E poi… all’improvviso….”
Mi viene quasi da sorridere. Di rado era così tranquillo… Ma l’atteggiamento stralunato, di quello che sembra sempre chiedersi” Che ci faccio qui? ” è il suo. Senza ombra di dubbio…
Mi fa piacere vederti… gli dico… Com’è che mi vieni a trovare?
Altra alzata di spalle.
” Beh, sei tu che mi hai chiamato…”, lo guardo interdetto. “Sì, dai… Tutto quel chattare e parlare ieri, con Marco, Pietro, Armando… mi hai chiamato. Mi fischiavano le orecchie…” e sorride. In quel modo ferino chi aveva da ragazzo prima di certi… scontri. Con la bocca. Ma non con gli occhi.
“E poi – soggiunge dopo una breve pausa – dovrei portarti anche un bel po’ di saluti… Sai bene da parte di chi… “

Una sfilata di volti. Non un elenco di nomi. Volti vivi e giovani ancora. E voci. E urla di rabbia. E incontrollate esplosioni di risa…
Sì so bene chi intendi. Ringraziali. E salutali da parte mia…
Sorride di nuovo, e sembra sul punto di andarsene così come è venuto. Poi…
“Oh, ci si vede… non fare che sparisci come al tuo solito…”
Veramente quello che spariva sempre eri tu…
Adesso ride davvero. Di gusto.
Fine. Certo non è il Sogno di Scipione narrato da Cicerone. Non è un viaggio nel cono d’ombra della Luna. È solo un sogno come tanti, in una notte di pioggia inquieta. Forse, come dicevo, neppure proprio un sogno…
Ciao Amico mio.