“Laboratorio criminale”è il titolo dell’ultimo libro di Marco Omizzolo, giornalista, sociologo, ricercatore Eurispes, docente universitario ed esperto nella lotta alle agromafie, al caporalato e a tutte le forme di sfruttamento dei più fragili. Un testo scritto con Roberto Lessio (l’ex assessore all’ambiente del comune di Latina) che, per verità e contenuti, ricorda nel nome il best seller dell’ex sostituto Procuratore Giancarlo De Cataldo “Romanzo criminale”.
Uno scenario in cui le mafie hanno saputo sfruttare le sacche di povertà indotte dal Covid e dai lockdown, per consolidare posizioni già acquisite in passato. Un welfare “losco” con numerose operazioni finanziare con soldi proventi da crimine. Territori in cui anche la criminalità campana investe i proventi illeciti nelle più diversificate attività economiche. Attività quali la gestione di esercizi commerciali e di sale giochi e il mercato immobiliare. Oppure i servizi finanziari e di intermediazione, gli appalti pubblici, smaltimento rifiuti e edilizia.
Un libro che nelle 208 pagine, edite da People, racconta la storia della mafia di origine Rom che si è radicata sui territori delle province di Roma e Latina “grazie alla dinastia delle famiglie Casamonica-Di Silvio”. In questa intervista, concessa a Electomagazine, Marco Omizzolo mette a nudo tutti i giochi di potere che hanno coinvolto la politica fino ad aprire le porte a imprese criminali e a parallele carriere politiche.
Marco, Laboratorio Criminale, è il tuo nuovo libro scritto con Roberto Lessio, personaggio politico e ambientalista noto a Latina, si intreccia con i tuoi libri precedenti?
Si tratta di un libro che chiude un cerchio importante, aperto nel 2014 quando proprio con Lessio scrivemmo una inchiesta giornalistica pubblicata dal Manifesto in cui denunciammo un grave sistema criminale che coinvolgeva l’allora presidente del Latina Calcio Pasquale Maietta, parlamentare di Fratelli d’Italia, ed esponenti di primo piano del clan di origine Rom dei Di Silvio-Casamonica.
Fummo minacciati e ci fu un grave tentativo di intimidazione nei nostri confronti che nel libro descriviamo in modo puntuale che, per fortuna, trovò una reazione adeguata da parte del nuovo questore di Latina, De Matteis,e dalla Procura che nel corso di poco tempo iniziarono ad indagare e a contrastare, ovviamente sul piano investigativo e giudiziario, questa combinazione letale di pezzi di politica e organizzazioni mafiose. Per questo e anche per altre ragioni questo libro è in piena e coerente continuità con quelli che ho già scritto e forse in particolare con “La Quinta Mafia”, edito da Radicifuture, con la prefazione, non a caso, dell’allora capo della Procura nazionale antimafia Cafiero De Raho e postfazione del presidente dell’istituto Eurispes Gian Maria Fara.
Due contributi, questi ultimi, di altissimo valore e competenze sui temi trattati, che confortano e sostengono la tesi di un sistema criminale, che con questo libro abbiamo chiamato laboratorio, che dalla provincia di Latina, passando per una parte della politica e di liberi professionisti collusi, allargandosi per il Mercato ortofrutticolo di Fondi, è divenuta di rilievo non più locale o regionale ma nazionale. Esiste dunque una continuità che ambisce ad approfondire ancora questo sistema facendo però nomi e cognomi, perché contro questo laboratorio bisogna avere chiare le identità dei protagonisti e di coloro che hanno fornito a questo personaggi copertua e sostegno anche politico.
In che modo un clan come quello dei Casamonica è fortemente colluso con la politica locale? E quali gli interessi in ballo?
Gli interessi ovviamente sono economici ma non solo. L’ambizione è quella di essere riconosciuti sul piano sociale e politico come i “capi assoluti”, i nuovi “intoccabili”, per citare un celebre film. Hanno però fatto i conti senza considerare chi, lavorando nelle istituzioni o come ricercatori e giornalisti, come nel mio caso e di Lessio, non teme le loro intimidazioni, è consapevole della forza e dell’autorità dello Stato, senza sottovalutare la loro spavalderia. Sappiamo bene che si tratta di un clan brutale, di strada e nel contempo d’ufficio, ma la storia dell’antimafia italiana ha dimostrato che, quando lavora seriamente e coordinandosi con le istituzioni, sa non solo rispondere ma anche contribuire a sconfiggere mafiosi, corrotti e politici compiacenti. D’altro canto la biografia di alcuni dei personaggi che raccontiamo e che oggi sono sotto processo o condannati ci ricorda che questi sono stati consiglieri comunali, assessori, parlamentari. Si tratta, cioè, di personaggi che durante il giorno vestivano in giacca e cravatta votando provvedimenti pubblici, norme e piani urbanistici facendo sempre i propri interessi e di notte invece stringevano accordi con boss vari.
Per te è importante un capitolo contenuto nel libro, che è quello dello striscione affisso fuori lo stadio di Latina, in cui c’era scritto “Marco Omizzolo e Roberto Lessio zecche di m***a senza dignità”. Cosa ti motiva a continuare la tua lotta alle mafie dopo tante intimidazioni?
Sono diverse le ragioni. La prima riguarda la mia stessa storia che si posiziona da sempre in direzione ostinata e contraria rispetto a clan, corrotti e criminali vari che da sempre costituiscono una delle ipoteche maggiori per la nostra democrazia. In secondo luogo poi c’è la necessità di non lasciare nulla in sospeso, abbiamo infatti il dovere di chiarire i termini di vicende che non riguardano solo me e Lessio ma la storia di una città che è la seconda del Lazio per dimensione e rilevanza anche politica, per dare a chi vorrà leggerci, in particolare ai giovani, tutte le informazioni necessarie per sviluppare una posizione e opinione chiara, libera e indipendente. Penso che questo libro, edito peraltro da People che ha già pubblicato il precedente dal titolo inequivocabile “Per motivi di giustizia”, possa aiutare a schiarirsi le idee rispetto ad alcuni personaggi che non sono scomparsi ma che ancora condizionano il nostro Paese.
Secondo te il settore agricolo, riuscirà a liberarsi dai condizionamenti del Clan?
Il tema è se il Paese riesce a sconfiggere le mafie. Io sono ottimista e ritengo che si sia destinati a vincere questa fondamentale battaglia. Peraltro questa era anche la posizione di Falcone e noi abbiamo il dovere di seguire questa sua visione positiva. Il punto è quando e come. E rispetto a questo continuo a pensare che le risposte derivano solo da noi. Siamo noi come popolo a decidere chi comanda, chi siede nei consigli di amministrazione delle società pubbliche, nei consigli comunali, regionali, in Parlamento e se lasciamo ai clan decidere delle nostre libertà. Io penso che abbiamo tutte le forze per liberarci dalle mafie, ma bisogna agire superando gravi fratture in seno al movimento antimafia italiano e superando soprattutto posizioni antipolitiche che lasciano invece spazio in politica proprio ai referenti diretti o indiretti di varie mafie.
Perché tu e Lessio avete voluto dare al testo un’impostazione giornalistica e non sociologica al libro?
In realtà ci sono anche passaggi sociologici ma, è vero, è una ricostruzione prevalentemente giornalistica. Questa impostazione secondo noi è più utile per intercettare l’interesse dei giovani e di coloro che non sono abituati ad un linguaggio sofisticato, metodologicamente articolato e denso di contenuti analitici complessi. Vogliamo raggiungere un pubblico vasto e soprattutto mettere in fila fatti, nomi, storie, vicende e l’approccio giornalistico era per noi più consono.