Il piano denominato « Italia cashless » nella Manovra 2020 del Governo tenderebbe a ridurre l’uso del contante, favorendo la diffusione e l’utilizzo degli strumenti elettronici, per disporre di nuovi dati per contrastare l’evasione fiscale. Il Piano cashless fu presentato dal Governo a ottobre del 2019 ma poi è slittato a luglio 2020 a causa dell’emergenza coronavirus. Tale piano si inserisce nel più ampio quadro di lotta all’evasione fiscale, cardine strategico e principale obiettivo che si intende perseguire. Stando alle ultime indiscrezioni il piano sarebbe da circa 2 miliardi, ma si potrebbe salire a 3, per spingere gli acquisti con carta e bancomat e per ridare slancio all’economia. La misura varrebbe 5 mesi, da agosto a dicembre, e agevolerebbe fiscalmente una spesa fino a 5mila euro. I settori coinvolti potrebbero essere bar, ristoranti e i settori più in sofferenza.
Quali sono e cosa comportano le misure volte a favorire la diffusione dei pagamenti elettronici e ridurre l’evasione fiscale presenti nel Decreto Fiscale e Disegno di Legge di Bilancio 2020 o Manovra 2020?
Italia cashless è concepito per agire su più livelli: un incoraggiamento per chi utilizza gli strumenti digitali per i propri pagamenti, una serie di misure volte sia a ridurre l’uso del contante, forme di incoraggiamento per artigiani, esercenti, professionisti all’utilizzo di strumenti di gestione dei pagamenti elettronici e sanzioni per chi non accetta queste forme di pagamento. Per i negozianti sarà innanzitutto introdotto un regime sanzionatorio per chi non accetta pagamenti con carta dai consumatori. Dal 2013 esiste già l’obbligo di detenere un POS e accettare le transazioni cashless, ma non vi è alcuna sanzione in caso di violazione della norma. Con la nuova finanziaria, si prevede una multa di 30 euro + 4% del valore della transazione per la quale non è stato accettato il pagamento elettronico.
Per quanto riguarda i consumatori, è prevista una lotteria degli scontrini emessi in negozio, per la quale si ipotizza lo stanziamento di 70 milioni di euro. Per partecipare i cittadini dovranno comunicare il proprio codice fiscale in cassa, effettuare il pagamento e richiedere lo scontrino dell’acquisto. Per i pagamenti cashless le probabilità di vincita saranno maggiori, poiché saranno istituiti premi ed estrazioni con un incentivo per le spese effettuate con strumenti elettronici relative a settori considerati a maggior rischio di evasione e nei quali il contante è ancora largamente utilizzato: si guarda con particolare interesse a servizi per la casa (es. idraulici o elettricisti), al mondo della ristorazione ed ai servizi alla persona (es. parrucchieri o estetisti). La modalità di funzionamento potrebbe essere quella del cashback, ossia una restituzione sulla carta di credito del consumatore, verosimilmente alla fine dell’anno.
Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, quasi alla vigilia della presentazione delle linee guida su come l’Italia intende spendere il Recovery fund, ha incontrato a Palazzo Chigi i principali prestatori di servizi di pagamento in Italia. Come confermato da fonti dell’esecutivo, si tratta delle interlocuzioni preliminari necessarie a porre in essere il Progetto Italia Cashless. Tutti i partecipanti all’incontro hanno fatto sapere di essere pronti per partire e collaborare insieme al governo per la piena riuscita del progetto. All’incontro hanno partecipato, fra gli altri, rappresentanti di: American Express payment services, Postepay, Intesa Sanpaolo, Unicredit, Bnl Axepta, Bancasella, Bancomatpay, Satispay Europe SA, Nexi, Paytipper, Iccrea.
Dal primo luglio è scattato il credito d’imposta del 30% delle commissioni addebitate ai commercianti e professionisti per le transazioni fatte con carte di credito, di debito o prepagate e altri strumenti tracciabili. A fine luglio invece, dopo un accordo stretto con Bancomat, Mastercard e Visa, è stato stabilito che a partire dal 2021 si alzerà la soglia per i pagamenti contactless senza pin in Italia: salirà dagli attuali 25 ai 50 euro.
Secondo un’indagine commissionata da MasterCard, un italiano su due durante il lockdown ha utilizzato maggiormente i pagamenti digitali. Durante l’emergenza i pagamenti digitali hanno avuto “un ruolo chiave” per il 70% degli italiani, che li considerano più rapidi, quindi in grado di accelerare ad esempio il momento del pagamento alla cassa, ma anche più igienici dei contanti (per l’81,2%), sebbene questi siano ancora percepiti come “facili da utilizzare e gratuiti”. Il passaggio da una mano all’altra lo rende forse un possibile vettore del Covid-19 ma, sicuramente, l’habitat ideale per milioni di colonie di batteri. Per questo sarebbe bene evitare di poggiare i soldi sulle stesse superfici su cui si mangia, lavandosi le mani dopo averli toccati. È mero buon senso, non profilassi anti-Coronavirus. Eppure gli italiani sembrano averlo capito soltanto ora.
Sono come sempre i dati della BCE a restituire il cattivo rapporto degli italiani con l’utilizzo dei pagamenti elettronici. Gli italiani non utilizzano ancora le carte di pagamento al livello delle proprie controparti europee, nonostante l’Italia, insieme alla Grecia, abbia la più alta diffusione di terminali POS (circa 52 mila per milione di abitanti). Il nostro Paese, infatti, seppur con una crescita dei pagamenti con carta pro-capite del 16% rispetto al 2017, risulta ancora uno degli ultimi tra i 27 paesi dell’Unione Europea: si parla di circa 65 pagamenti all’anno a testa, che ci valgono solo il 23° posto (di 27), proprio come lo scorso anno. E la situazione non sembra migliorare se pensiamo che chi ci sta dietro viaggia a tutt’altra velocità: la Romania cresce del 39%, la Grecia del 27% e la Bulgaria del 26%.
L’unica consolazione è quella di rimanere in linea con la Germania, paese però che ha una grossa fetta di pagamenti effettuati direttamente da home banking e da bonifico, e nel quale il contante è comunque usato molto meno che in Italia. Il gap con i Paesi più sviluppati in termini di pagamenti digitali è enorme. Nei Paesi scandinavi dell’Unione (Danimarca, Svezia e Finlandia), oltre ad essere molto in auge alcuni servizi di Mobile Payment locali come Swish e MobilePay, la carta è utilizzata quotidianamente, con un numero di transazioni annuali pro-capite che si aggira intorno ai 350 con una crescita rispetto al 2017 del “solo” 4%, che dimostra come i pagamenti digitali siano ormai diventati predominanti nella vita delle persone.
La spinta del Governo verso “Italia cashless” è finalmente un segnale positivo che può avere importanti effetti sia sul livello di modernità del nostro Paese sia sul contrasto all’evasione fiscale, un problema ormai radicato nel tessuto socio-economico e affrontato sempre con poco interesse dalle azioni politiche degli ultimi anni.
Non è un mistero che dove vi è molto contante vi è maggiore evasione fiscale. Azioni decise verso un paese cashless possono cambiare le abitudini di pagamento dei consumatori italiani e aiutare al recupero del gettito fiscale perso: la possibilità di tracciare le transazioni e di collegare le movimentazioni a un soggetto specifico rappresentano un forte deterrente per chi vuole fare nero. Anche se l’introduzione di limiti e obblighi non rappresenta da sola un ostacolo efficace per chi vuole evadere. Una manovra che per funzionare dovrà agire su tutti i soggetti coinvolti, dai consumatori agli esercenti, dalle Pubbliche Amministrazioni alle Agenzie delle Entrate, per superare l’arretratezza che stiamo accumulando rispetto al resto dell’Europa.