Battiato canta “e il mio maestro mi insegnò quanto è difficile trovare l’alba dentro l’imbrunire…”
È “Prospettiva Nevskij”, una delle sue canzoni più intense. E discusse. Per il gioco vorticoso di citazioni, riferimenti simbolici, echi mistici e suggestioni esoteriche.
Questo passaggio, in particolare, ritorna ossessivo. Tant’è che è stato posto come titolo al libro postumo del musicista siciliano. “L’alba dentro l’imbrunire” appunto.
Ricordate? Le guardie rosse intorno ai fuochi.. vecchie con i rosari in mano …. Immagini di grande suggestione. Anche se qualche scettico si chiese a suo tempo (e ancora si chiede, forse) che si doveva essere fumato il Battiato…
Perché, al di là del plauso ormai convenzionale, certi testi, ed anche certa musica, sono difficili da comprendere.
Le scale pentatoniche, tipiche della musica araba… la commistione di generi…il gusto per la contaminazione Oriente /Occidente nella suggestione del crogiolo mediterraneo cui era profondamente radicato. Scelte e ricerche che culminano nei capolavori della maturità. Il Gilgamesh. Il cavaliere dell’intelletto. La messa arcaica. Il Battiato più importante. Quello che fa la storia della musica. E che, non tanto paradossalmente, oggi viene per lo più dimenticato…
E qui, in Prospettiva Nevskij, queste suggestioni tutte russe. Il gioco di contraddizioni e contrasti di quell’universo – geo-culturale, prima ancora che geo-politico – che, semplificando, chiamiamo Russia.
Le vecchie che pregano, camminando, con i rosari. La tradizione secolare delle giaculatorie. Le preghiere ritmate e ripetute in modo ossessivo. Un uso rituale non solo Cristiano. Anzi, che precede di molto il rosario cristiano.
E le Guardie Rosse attorno ai fuochi. La Rivoluzione. La modernità che irrompe in un mondo apparentemente sospeso fuori dal tempo. E lo sconvolge….
Eppure, anche queste Guardie Rosse sono…diverse. Evocano le immagini dei poemi di Blok. Alexander Alexandrovič, il grande simbolista. Influenzato dal pensiero mistico di Vladimir Solovëv. Che, per altro, era suo zio.
Una visione apocalittica. Che culmina nel poema “I dodici”. Dodici Guardie Rosse per le vie di una Mosca innevata. Dodici come gli Apostoli. In attesa del Tredicesimo. Che, inevitabilmente, non può essere che Il Christo. Ma il Christo dell’Apocalisse. La, vera, unica, Grande Rivoluzione.
Battiato canta questo. La sottile linea di confine fra modernità e tradizione. Dove i miti si confondono. Perché, ormai, imminente è Ragnarok. Heimdallar sta soffiando nel grande corno. E Loki chiama la danza delle spade…
È il crepuscolo degli Dei. Come in Wagner. È l’imbrunire. Ma nel crepuscolo è possibile trovare l’alba. Impresa ardua, certo. Ma possibile.
Perché dopo il crepuscolo, viene sempre una nuova aurora. Dopo la fine del mondo e degli Dei, vi sarà un altro cosmo, rinnovato. Altri Dei, altri uomini. Così la Volupsà, la Profezia della Veggente nell’Edda. Così nei Rig Veda. Così nell’escatologia della gnosi. Non conta se pagana, cristiana, islamica…
Il tempo è ciclico. Non lineare. Il Grande Serpente si avvolge sempre nelle sue spire. Tutto muore. Ma tutto si rigenera.
E nell’imbrunire è possibile riscoprire l’alba. Nei cicli cosmici. E nella vita. Il tramonto cela una nuova luce, ancora più splendente. Ancora più pura e bella.
Non conta chi sia il maestro. Un sufi, Gurdjeff, pensando alla formazione di Battiato. Ma, come dicevo, non conta.
Quello che è importante è non lasciare che le tenebre nell’imbrunire ci avvolgano nell’oblio.
Restare desti… Percepire la nuova aurora. Qualcuno la potrebbe chiamare speranza… Forse, sarebbe preferibile definirla attesa vigile. Nessun riferimento, naturalmente, ad un squallido Speranza. E alla sua viglie attesa.