C’era una volta…l’album di figurine. Ma c’è ancora! Dirà prontamente qualcuno. Vero…anche mio figlio, alle elementari, ha provato a fare raccolta di quelle canoniche. Quelle dei calciatori, intendo. Ed io ero contento. Anche perché mi sembrava di rivivere, così, uno spezzone della mia, remota, infanzia.
Però non era la stessa cosa. Intanto perché è cambiato il Campionato e il sistema del mercato dei calciatori. Che svestono e rivestono nuove maglie ad ogni pie’ sospinto. Difficile fare un album con, poniamo, la formazione della Juventus ad inizio stagione. Perché i giocatori possono, appunto, cambiare nel corso dei mesi. E anche questo è un segno dei tempi. Ai miei, Sivori significava bianco neri. Punto. Si, certo, poi finì la carriera al Napoli. Ma solo perché a Torino era arrivato Heriberto Herrera, da non confondersi, mi raccomando, con Helenio. Quello di frasi storiche e lapidarie tipo: dopo tre anni de sfiga, doveva venire anno de culo. Un grande filosofo…
Comunque con gli schemi di Heriberto, Omar Sivori, un geniale fantasista, non si trovava proprio. Per cui andò a finire sotto il Vesuvio. Altrimenti sarebbe restato con la Signora. Per la quale, poi, fece il procacciatore di talenti in America Latina.
Questo per dire che, allora, non era tutto questione di soldi. E Del Piero e Totti ne sono stati, forse, gli ultimi esempi.
Comunque, il mercato non ha solo fatto perdere al gioco del pallone ogni poesia. Ha anche ammazzato, di fatto, la raccolta di figurine.
E poi i ragazzini, oggi, hanno una cultura imaginale tessuta da figure in movimento. Le vecchie figurine sono troppo statiche per attrarli davvero. Delle immaginette senza vita.
Per noi era diverso, molto. Avevamo pochi stimoli visivi. La TV iniziava i programmi alle 17. E terminava prima delle 23. Ora cui potevamo arrivare al massimo il Sabato. Perché nel corso della settimana, dopo Carosello, ci spedivano a letto. C’era scuola la mattina. E allora, la scuola, era una cosa da prendere sul serio. Mica come oggi, che ti arrivano sui banchi intronati dalle lunghe veglie notturne su Youporne. O quello che va di moda oggi…mi scuso se non sono aggiornato .
E, comunque, di calcio in televisione se ne vedeva ben poco. Le partite della nazionale. E, più tardi, un tempo di una partita di Serie A la Domenica pomeriggio. Dopo che, però, si era già conclusa.
E così con le figurine potevamo…sognare. I dribbling di Mazzola e Rivera. La ferocia di Tarcisio Burnich. Lo scatto fulmineo di Rombo di Tuono. Al secolo Gigi Riva. Ed anche le parate di Sarti e Pizzaballa. Le incursioni di Nenè…. Insomma, il Campionato ce lo vivevamo così. In quegli album. E scambiandoci le figurine nel cortile della scuola….
Non solo calcio, però. Vi erano raccolte di tutti e tipi. La Storia dell’automobile. Quella del Ciclismo. E poi quelle con un più evidente intento pedagogico. La Storia dell’America, che mi faceva sognare con quelle grandi raffigurazioni delle praterie e della caccia al bisonte… I Grandi della Storia. Una sorta di enciclopedia per immagini.
Ricordo, in particolare, una Storia del Risorgimento. Credo che sia stata determinante per forgiare la mia visione della nazione. Un certo sentimento patriottico, oggi anacronistico, cui resto, nonostante tutto, legato. Quella raccolta e, naturalmente il libro Cuore. Di De Amicis. Che la Signora Giulia – la maestra unica delle elementari – ci leggeva in classe. Secondo tradizione.
Cose semplici. Abbastanza ingenue e convenzionali. Eppure quelle raccolte miravano a fornire una qualche cultura alle nuove generazioni di un’Italia dove il Maestro Manzi ancora si batteva contro sacche di analfabetismo. E suscitavano…curiosità. Una curiosità che, nel tempo, poteva fungere da sprone per darsi a studi più seri. E che celava in sé una sorta di eclettismo. Tu passavi dalle moto da corsa alle grandi opere artistiche. Dell’impero di Roma ai grandi del Basket. Da Eusebio, la perla nera del Benfica, a Otto von Bismark. E così ti facevi una infarinatura generale. Storia, geografia, arte, tecnica, letteratura, scienza… Te la facevi giocando. O credendo di giocare. Ma poi ti tornava fuori nel tempo… Perché il Gioco, come scrive Jünger – Fredrick George, però, il fratello poeta del grande Ernst, – è lo strumento principe attraverso il quale ci si forma una cultura. E, soprattutto, una visione e uno stile di vita.
Dispersivo… si potrebbe dire… Oggi c’è bisogno di specializzazione. Di un sapere mirato. Tecnico. Mica di sta roba confusa…
Beh, forse è giusto. O, per lo meno sembra essere questo l’avvenire delle nostre scuole. Soprattutto dopo che si saranno liberate degli ultimi, vecchi dinosauri. Come me, appunto.
Però, io continuo ad avere nostalgia di quei vecchi album di figurine. Dell’emozione che provavo ogni volta che aprivo una bustina, e le cominciavo ad incollare. Componevo dei grandi quadri, in fondo. Che mi raccontavano tante cose. Mi facevano sognare.
Roba vecchia davvero. Addirittura antica. Un retaggio del nostro, eclettico e ben poco specialistico, Rinascimento…