Siamo in Quaresima. E non è forse proprio il momento più adatto per parlare di allegria. Anche perché, a guardarsi intorno, e a ripensare agli ultimi anni, di essere allegri ci sono davvero ben poche ragioni… Anzi, in buona sostanza, nessuna.
Però, oggi, sono allegro. O forse srrebbe meglio dire, mi sento allegro. Una strana allegria, fondata sul niente. Su dei particolari. Delle sensazioni. Delle impressioni.
“Fiori di pruno. / È un’estasi/ la mia primavera.”
Io, qui, non vedo pruni fioriti. Ma vi è un albero carico di mimosa che trema al vento. E nel prato antistante una spruzzata di margherite. Questa mattina, passeggiando subito dopo l’alba, ho visto in un giardino la fioritura di un ramo d’orchidea violaceo.
L’haiku è di Kobayashi Issa. Forse il massimo maestro haijin, vissuto tra XVIII e XIX secolo. Comunque quello che più amo dopo Bashō. Venato sempre di malinconia. Che gli veniva da una vita grama e dai molti lutti. Eppure come nessun altro capace di esprimere l’improvvisa emozione dell’allegria.
Perché l’allegria è, come dicevo, emozione. Anzi, sensazione che non può venire spiegata. Solo provata. Ed espressa, al massimo, in forma poetica. Ma è necessaria una tecnica poetica affinata da una, intensa, disciplina dello spirito. Perché l’haijin, il maestro dell’haiku, è come il samurai. Come il samurai che siede accosciato. In stato di totale quiete. Immobile. Eppure pronto a sguainare, fulmineo, la spada. Così il poeta sembra addormentato. Quasi apatico. Ma è pronto ad afferrare le percezioni. E a trasformarle in Parola, prima che divengano pensieri o sentimenti. Perdendo la loro purezza.
Non per nulla, proprio Kobayashi, che fu anche pittore, è rappresentato così. Seduto nella posizione della meditazione. Gli occhi socchiusi. Un ventaglio chiuso, appoggiato sulle ginocchia.
Così è, oggi, per me questa , strana, sensazione di allegria. Ho visto un nugolo di coriandoli, ormai stinti e sporchi, trascinati dal vento a fianco del marciapiede. Ciò che resta, in Quaresima, del Carnevale. Il senso del fugace. Dell’effimero.
Ho ascoltato il vento scuotere un ramo di magnolia in fioritura. Sembrava una voce di Donna intenta a cantare una canzone priva di parole.
E ho passeggiato in un gelo profumato già di primavera. Con un sole che, dove le case non gettavano ombra, ti avvolgeva di un sorprendente tepore.
Avrei voluto essere un haijin autentico per poter fermare quelle sensazioni. Perché sarebbe stato come uscire dal mondo. E, soprattutto, dal tempo. Fissare un attimo di eternità.
Ungaretti…”M’illumino di immenso”. Uno dei pochissimi europei capaci di cogliere tale tecnica. E portarla a perfezione.
Pound…”Fresca come le pallide foglie dei mughetti/giaceva accanto a me nell’alba.” Sensazione perfetta. Priva di ogni elucubrazione. Fermata sulla soglia della coscienza
.. Ma lui, Pound, aveva studiato l’ideogramma con Ernst Fenollosa
E ne conosceva il segreto.
Poi mi sono fermato da Claudio. Che mi ha fatto assaggiare un calice di champagne rosè indescrivibile. E come Li Po avrei voluto cantare. E ballare da solo sotto la Luna. Anche se, ormai, brillava il sole.
Insomma sono allegro. Il mondo può anche tracollare sotto il peso dei nostri errori. E la razza degli uomini fare la fine di quella dei dinosauri.
Può accadere da un momento all’altro.
Ma io, qui e ora, sono un dinosauro allegro…