L’allodola è un, simpatico, uccellino, appartenente alla famiglie dei passeriformi. E con questo, basta con le classificazioni. Perché io non ho lo spirito di Linneo. E neppure quello del Buffon… Tuttavia mi serviva la citazione, più o meno “culta”, per introdurre il discorso sull’allodola. Che è, soprattutto, celebre per il suo canto. Con il quale è solita salutare l’aurora…
E qui ci starebbe proprio il richiamo ad Omero, alla Aurora come fanciulla dalle dita, o guance, di rosa… Che l’allodola saluta in modo tutto suo. Volando, alta, in verticale verso la luce sorgente. E cantando in direzione dell’orizzonte. Prima di rituffarsi, in picchiata, verso la terra. Immagine suggestiva. E canto forse ancora più suggestivo e musicale. Tanto da ispirare una composizione di Balakirev. Uno dei grandi della musica russa. Il principale animatore di quel Gruppo dei Cinque – con Bordin, Rimsky-Korsakov, Mussorgskij, Kiuj – che vollero dare alla Russia una sua scuola, smettendo di imitare tedeschi e francesi, e abbeverandosi alla profonda musica popolare. Che ci volete fare? Erano russi e romantici. Un mix esplosivo di sentimenti, passione…e malinconia.
Balakirev, poi, era uno straordinario pianista. E insegue, appunto, il canto e il volo dell’allodola con le sue note… E così una pennellata di Russia sono riuscito a darla anche stavolta. Per la gioia di tutti coloro che mi sospettano di simpatie per l’attuale Zar del Cremlino. Che, però, non mi risulta essere musicista… O canterino…
Certo, sarebbe stato più logico, più normale, che mi fossi limitato a citare Shakespeare. Il “Romeo e Giulietta”. La struggente “Albe” – in stile di canzone provenzale – con cui i due si separano dopo la prima notte d’amore. Lei che dice “no non è l’allodola, è l’usignolo che canta alla Notte su quel ramo…”. E lui che risponde “No, è l’allodola che saluta il giorno”… Più o meno così, perché non ho voglia di controllare e sto andando a memoria…
Comunque, tutto questo per dire che l’allodola, o lodoletta – come la chiama il Pascoli, ben noto per la sua precisione nel definire presenze e cose della campagna – è un leggiadro uccellino che allieta col suo canto mattutino.. Nessuno ha però mai sostenuto che sia, anche, intelligente. Anzi…
Proverbiale è infatti il detto “specchietti per le allodole”. Perché i cacciatori, un tempo, usavano come esca dei piccoli specchi che riflettevano i raggi del Sole. Le allodole ne venivano attratte. E si precipitavano tutte contente e garrule. Per finire in pentola.
Già, perché dalle mie parti le allodole le si mangiava come tutti i passeri e affini. E ancora le si mangia, nonostante i divieti di uccellagione. Perché la tradizione della “poenta e osei”, antico piatto povero ma gustoso, è dura a morire. Con buona pace di ambientalisti e vegani. E anche di Shakespeare e Balakirev.
Il detto rende bene l’idea di color che si lasciano facilmente abbagliare da “specchietti”. Che non sono luce vera. Ma solo riflesso e trappole. E seguono, o inseguono, false narrazioni e false promesse. Credendo a chi queste promesse, questi specchietti, sparge a piene mani. E finendo, irrimediabilmente, in pentola.
Ora, noi siamo un popolo di allodole. Abbiamo per mesi cantato felici dai balconi, convinti che tutto sarebbe andato bene… Anzi che ne saremmo usciti migliori… E intanto ci hanno non solo portato via la democrazia – che, in fondo, è solo un’attrazione concettuale per addetti ai lavori – ma anche, anzi soprattutto, le libertà concrete. Di passeggiare, di amare, di prendere un caffè al bar, di viaggiare, di lavorare. Di respirare. E noi tutti contenti che cantavamo, perché ci facevano vedere il sole. Che era, però, un sole finto.
E continuiamo a cantare. Nelle piazze. Inneggiando alla libertà di un popolo lontano. Mentre quelli che ci invitano a farlo se ne stanno lì, beati e satolli. Sì arricchiscono e arricchiscono i loro padroni, impoverendo tutti noi, distruggendo l’avvenire delle future generazioni. E anche vendendo armi. In nome, naturalmente, della pace. Che è un altro specchietto per le allodole.
No, l’allodola almeno canta bene. Dona un’emozione estetica. E servita con la polenta è pietanza da re… succulenta…
Gli italiani, noi, dell’estetica abbiamo perso il senso. Così come abbiamo perso il senso del ridicolo e ogni dignità. Siamo, ormai, solo magre carcasse che degli avvoltoi stanno finendo di spolpare. E sembriamo felici e contenti…