È un altro Rinascimento quello che propone l’artista olandese Hieronymus Bosch, protagonista di una mostra allestita a Palazzo Reale, a Milano e aperta al pubblico fino 12 marzo 2023. La retrospettiva, curata da Bernard Aikema, Fernardo Checa Cremades e Claudio Salsi, narra non soltanto l’opera di Bosch, ma anche e soprattutto un Rinascimento estraneo e fagocitato dalla grazia e dall’equilibrio del Rinascimento italiano.
Bosch è stato un pittore olandese attivo nei Paesi Bassi tra la fine del Quattrocento e l’inizio del Cinquecento e uno dei maggiori esponenti di quella pittura caratteristica del Nord Europa, frutto delle reciproche influenze artistiche tra l’Olanda e le Fiandre.
Quando Bruges diventò la capitale del ducato di Borgogna, questo favorì lo sviluppo e l’affermazione della pittura fiamminga, contesto nel quale si fece strada Bosch pittore, allontanandosi sia dalla maniera italiana sia da quella fiamminga.
I temi cari all’artista sono indubbiamente stati i dogmi religiosi, la condanna dei peccati, la morale, il disprezzo per la corruzione, tematiche per le quali le sue opere sono state molto apprezzate e ricercate sia in vita sia dopo la sua morte. Le sue opere pittoriche prendono spunto proprio dalle idee care alla confraternita di cui faceva parte e che hanno contribuito a rendere la sua arte significativa alla luce di movimenti successivi quali il Simbolismo, l’Espressionismo tedesco e il Surrealismo.
Tra i capolavori del periodo giovanile di Bosch si annoverano “La cura della follia”, in cui l’artista raffigura, in pieno stile medievale, l’asportazione di una pietra dal cervello di un matto, in quanto si riteneva che i pazzi fossero tali perché avessero un sasso nella testa. Nell’”Ecce Homo” Bosch rappresenta Gesù e Ponzio Pilato che si fronteggiano mentre la folla è armata di pugnali e alabarde.
Nell’esposizione milanese emerge una dimensione onirica brulicante di mostri, diavoli, visioni e incendi apocalittici. Il visitatore inizia un viaggio seguendo creature mostruose e desideri triviali, nutrendo quell’ombra che Jung definiva “archetipo del Diavolo”. Si fa così ingresso nella sala che ospita il mondo labirintico rappresentato dal trittico di Bosch intitolato “Tentazione di Sant’Antonio”, risalente al 1502. Antonio era considerato archetipo dell’eremita e “padre dei monaci”.
Molto probabilmente Bosch ebbe la possibilità di conoscere la sua storia attraverso la consultazione delle “Vitas Patrum” e attraverso la diffusione, a partire dalla seconda metà del Quattrocento, di monasteri e conventi nei Paesi Bassi. I pannelli del trittico rappresentano, da sinistra a destra, le tre fasi fondamentali della vita del Santo, a partire dal momento in cui Antonio abbraccia la vita eremitica, passando per la persecuzione del Demonio e approdando al superamento della tentazione e al raggiungimento della sua pace interiore.
Nell’opera emergono figure strane quali un diavolo – lupo, un diavolo – cavaliere, che tiene un pesce come lancia, pesci volanti e, nel prato, una figura che rappresenta un motivo ricorrente nella storia del Santo, un gigante, che Bosch rappresenta carponi, nel momento in cui assume le sembianze di una taverna. Essa simboleggia l’ambiguità del mondo; il peccatore, invece, la diabolica trappola per le anime. Nel pannello centrale dell’opera emerge la lotta contro i demoni ammassati in grossi gruppi attorno al Santo, che sarà da loro attaccato nell’ultimo pannello. In quello centrale Antonio è rappresentato in ginocchio intento a osservare lo spettatore. Nell’ultimo pannello è rappresentata la meditazione di Sant’Antonio, popolata di figure quali una donna nuda, simbolo della lussuria, colta nell’atto di affacciarsi da un tronco offrendosi al Santo in meditazione. Vicino a Antonio compare un nano con girandola e un mantello rosso, simbolo dell’incoscienza e, in primo piano, l’ultima tentazione rappresentata da una tavola con pane e vino.
L’arte di Bosch è stata descritta dal cronista veneziano Marcantonio Michiel come popolata di “inferni, mostri e sogni”, tali da delineare il profilo di un artista estremamente fantasioso.
Per ragioni conservative lascerà la mostra il 13 febbraio prossimo l’opera dedicata alle meditazioni di San Giovanni Battista, rappresentato nell’atto di riflettere su un prato e immerso in un paesaggio piuttosto realistico.
Altra opera esposta è il Trittico dei Santi Eremiti, un olio su tavola eseguito da Bosch tra il 1495 e il 1505, in cui compare, nel pannello centrale, San Girolamo, riconoscibile dalla Croce e dagli abiti cardinalizi, e il leone, in un ambiente desertico interrotto soltanto da rovine e bassorilievi.
L’intero percorso della mostra non segue una cronologia precisa, ma affronta tematiche differenti che accompagnano il visitatore all’interno di un percorso fra le tentazioni del Santo, in una lotta fra classico e anticlassico, tra sogni, magia e visioni apocalittiche.
La seconda sala della mostra affronta il tema del “classico e anticlassico tra Italia e Penisola Iberica”, narrando l’altra faccia del Rinascimento e facendo conoscere una versione postboschana delle Tentazioni di Sant’Antonio di Jan Wellens de Cock, risalente al 1525. Questa sala ospita anche uno dei più grandi geni del Rinascimento italiano, Leonardo da Vinci, con alcune grottesche caricature provenienti da una delle pagine del Codice Trivulziano. Risale al Cinquecento l’opera intitolata “La visione di Tundalo”, realizzata da un seguace di Bosch e rappresentante il viaggio iniziatico del cavaliere, che visitò per tre giorni l’aldilà.
Proseguendo nel percorso, il visitatore potrà incontrare opere che suggeriscono collegamenti con lavori di artisti italiani appartenenti allo stesso periodo rinascimentale, in cui grazia e mostruoso si contaminano tra di loro. Tra queste, nella sala delle Visioni Apocalittiche, è presentato un dialogo tra Dante Alighieri, con la sua “Comedia”, e le rappresentazioni di Herri met de Bless II e le incisioni di Pieter Bruegel il Vecchio. Vicino ad esse emerge un’altra opera di Bosch dal titolo “Il trittico del Giudizio Finale”, un imponente olio su tavola rappresentante, a sinistra il Paradiso, a destra l’Inferno e, al centro, il Giudizio di Cristo, sovrastante un mondo popolato da creature che alludono ai diversi peccati.
In mostra è anche presente il mondo delle stampe, ma sicuramente uno dei temi di maggior approfondimento rimane quello de “Le Tentazioni di Sant’Antonio”, che risulta anche una delle tematiche di maggior successo della poetica di Hieronymus Bosch e dei suoi seguaci.
Bosch non fu soltanto amato e imitato nelle sue terre, ma anche molto apprezzato dagli Asburgo che reggevano il Brabante dalla fine del Quattrocento. Filippo II conservava a Madrid, all’Escorial e al Palazzo del Prado, un grandissimo numero di opere dell’artista e della sua cerchia. Fece entrare nelle collezioni di Granvelle una serie di quattro arazzi alla maniera di Bosch.
L’esposizione milanese “Bosch e un altro Rinascimento” completa il suo viaggio tra le curiosità e il collezionismo enciclopedico presentando una piccola ricostruzione ideale di Wunderkammer, che ricerca il parallelismo con una copia di bottega del trittico del Giardino delle Delizie, proponendo anche l’esposizione di un gruppo di uccelli imbalsamati, provenienti dal Museo di Scienze Naturali milanese e spesso ricorrenti nei dipinti di Bosch.
Aperta al pubblico fino al prossimo 12 marzo prossimo, a Palazzo Reale di Milano, la mostra è promossa dal Comune di Milano-Cultura, Palazzo Reale e Castello Sforzesco, realizzata da 24 Ore Cultura Gruppo 24 Ore con il sostegno di Gruppo Unipol.
Orari
Lunedì chiusura
Da martedì a domenica ore 10-19.30
Giovedì chiusura alle 22.30
Ultimo ingresso un’ora prima