In occasione della 29esima commemorazione della strage del Khojaly, di cui vi abbiamo parlato in questo articolo, abbiamo intervistato l’ambasciatore azero a Roma, Mammad Ahmadzada. La comunità azera è tuttora fortemente segnata da questi tragici fatti, ed è pertanto giusto dare voce agli esponenti del Paese. Cos’accadde davvero la notte fra il 25 e il 26 febbraio del 1992? Perché proprio in quell’area? Si può parlare di un genocidio del Khojaly?
Ambasciatore, cosa accadde quella notte?
Nella notte tra il 25 e il 26 febbraio 1992, le forze armate dell’Armenia, insieme ai gruppi terroristici armeni nella regione azerbaigiana del Nagorno-Karabakh, con la partecipazione diretta del 366° reggimento di fanteria motorizzata dell’ex Unione Sovietica, violando tutte le norme del diritto internazionale, hanno inflitto un pesante attacco militare alla popolazione civile della città di Khojaly. La città era abitata solo dagli azerbaigiani, che furono sottoposti ad atrocità senza precedenti. Khojaly fu barbaramente distrutta.
A seguito di questo terribile atto criminale non solo contro il popolo dell’Azerbaigian, ma contro tutta l’umanità, 613 civili azerbaigiani sono stati brutalmente uccisi, di cui 63 bambini, 106 donne e 70 anziani. 8 famiglie sono state completamente distrutte, 25 bambini hanno perso entrambi i genitori e 130 bambini un genitore. Inoltre, i corpi di 487 abitanti sono stati lacerati nei modi più spietati. Altre 1.000 persone sono state ferite e 1.275 sono state prese in ostaggio. Ad oggi, 150 cittadini di Khojaly, comprese 68 donne e 26 bambini, rimangono dispersi.
Si può parlare di genocidio di Khojaly
Il genocidio di Khojaly è il più orribile dei crimini di genocidio commessi contro la popolazione civile azerbaigiana durante l’aggressione delle forze armate dell’Armenia contro l’Azerbaigian. Lo scopo di questo genocidio era di scuotere il popolo dell’Azerbaigian, rompere la sua determinazione a combattere per la protezione delle proprie terre e distruggere la popolazione azerbaigiana della regione del Nagorno-Karabakh dell’Azerbaigian.

Khojaly non differisce dalle altre orribili tragedie di Katyn, Ruanda e Srebrenica, che rimangono nella storia come cicatrici profonde e vergognose. La valutazione complessiva delle cause e delle conseguenze dell’aggressione dell’Armenia contro l’Azerbaigian, insieme ai tragici eventi di Khojaly, rendono assolutamente chiaro che i crimini commessi in quella città dell’Azerbaigian non costituivano un evento isolato o sporadico, ma erano parte della politica diffusa e sistematica dell’Armenia: alla base della pratica armena di commettere atrocità possono essere identificate riprovevoli idee xenofobe, in contrasto con la stessa realtà multiculturale della regione.
Perchè proprio Khojaly?
La città di Khojaly è situata in un punto strategico tra le strade principali nella regione del Nagorno-Karabakh, in cui c’era l’unico aeroporto della zona. Dalla seconda metà di febbraio 1992 è stata completamente assediata dalle unità militari dell’Armenia. Tutti i tentativi dei civili per uscire dall’assedio in gruppo o da soli erano stati prevenuti dai militari armeni.
Si possono quantificare i danni causati dagli attacchi armeni nel 1992?
Per comprendere le cause dei sanguinosi eventi del 1992, dobbiamo guardare alle radici storiche della questione. Gli armeni, che si reinsediarono nelle terre storiche dell’Azerbaigian all’inizio del XIX secolo, nelle fasi successive avanzarono sistematicamente rivendicazioni territoriali contro l’Azerbaigian. Cercarono prima di stabilire lo Stato armeno e poi espandere i loro territori a spese dei territori azerbaigiani.

Dalla fine degli anni ‘80 del secolo scorso l’Armenia ha avviato nuove rivendicazioni territoriali contro l’Azerbaigian, questa volta per la regione azerbaigiana del Nagorno Karabakh. Il 22 febbraio 1988, gli armeni hanno aperto il fuoco sui civili azeri vicino all’insediamento di Askeran nel Nagorno-Karabakh, uccidendo due giovani azerbaigiani che furono le prime vittime del conflitto. Subito dopo fu avviata la deportazione di tutti gli ultimi azerbaigiani (più di 250 mila) in Armenia dalle loro terre natali. Durante la vicenda più di 200 civili furono uccisi e più di 1.000 feriti. Approfittando dell’instabilità politica a causa della disgregazione dell’Unione Sovietica e dei confronti interni in Azerbaigian alla fine del 1991 e all’inizio del 1992, l’Armenia ha lanciato operazioni militari su larga scala contro l’Azerbaigian.
Le atrocità compiute dall’Armenia
Prima del genocidio di Khojaly, durante l’occupazione di diversi villaggi dell’Azerbaigian da parte dell’esercito dell’Armenia, una parte della popolazione civile azerbaigiana di quegli insediamenti è stata sterminata con speciale crudeltà sulla base di un piano prestabilito. Sopratutto pochi giorni prima del genocidio di Khojaly, il 17 febbraio 1992, più di 80 azerbaigiani furono massacrati nel villaggio di Garadagli nel distretto di Khojavend. Ma quello di Khojaly è stato un eccidio senza precedenti.
Tuttavia, queste atrocità non erano sufficienti per l’esercito dell’Armenia. Lo ha testimoniato ancora una volta un massacro commesso durante l’occupazione del villaggio di Aghdaban di Kalbajar l’8 aprile, circa un mese e mezzo dopo la tragedia di Khojaly. 67 civili, inclusi bambini, donne e anziani, sono stati brutalmente uccisi. Il 28 agosto 1992, un altro crimine spietato – il massacro di Balligaya – fu commesso nel villaggio di Balligaya di Goranboy. 24 civili azerbaigiani sono stati uccisi con una crudeltà speciale, inclusi 6 bambini e un bambino di 6 mesi, una donna di 93 anni. I cadaveri di alcuni civili sono stati bruciati.
Commettendo questi sanguinosi massacri, l’Armenia ha avviato un’aggressione di larga scala contro l’Azerbaigian, occupando militarmente il Nagorno Karabakh e 7 distretti circostanti, in totale il 20% del territorio dell’Azerbaigian, effettuando una pulizia etnica contro 750 mila azerbaigiani in queste terre. Durante l’occupazione, 30 mila persone sono state uccise, più di 50 mila sono rimaste ferite o rese disabili.
Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, tramite le risoluzioni n. 822, 853, 874 e 884 del 1993, ha invocato il ritiro delle forze armate dell’Armenia dai territori occupati dell’Azerbaigian e il ritorno dei rifugiati e profughi azerbaigiani alle loro case, che sono state ripetutamente ignorate dell’Armenia, così come altri documenti dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, dell’Osce, del Consiglio d’Europa, del Parlamento Europeo, della Nato, ecc.
Quale è stata la reazione della Comunità Internazionale nei confronti del Genocidio di Khojaly?
La natura e la gravità dei crimini commessi nella città di Khojaly si adattano pienamente alla definizione del termine di genocidio come indicato nella Convenzione “sulla prevenzione e la punizione del crimine di genocidio” del 1948.
In una dichiarazione dell’11 marzo 1992 – poche settimane dopo il massacro – il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa ha emesso una dichiarazione in cui esprimeva profonda preoccupazione “per i recenti rapporti di uccisioni indiscriminate e oltraggi” in Azerbaigian e condannava fermamente “la violenza e gli attacchi diretti contro le popolazioni civili nell’area del Nagorno-Karabakh della Repubblica dell’Azerbaigian”.

Nella sentenza del 22 aprile 2010, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha formulato la seguente osservazione, che non lascia dubbi sulla questione della qualificazione del reato e della conseguente responsabilità dello stesso: “Sembra che le relazioni disponibili da fonti indipendenti indichino che al momento della cattura di Khojaly nella notte tra il 25 e il 26 febbraio 1992 centinaia di civili di etnia azerbaigiana sarebbero stati uccisi, feriti o presi in ostaggio, durante il loro tentativo di fuggire dalla città catturata, da combattenti armeni che attaccavano la città”. La Corte ha qualificato il comportamento di coloro che effettuano l’incursione come “atti di particolare gravità che possono equivalere a crimini di guerra o crimini contro l’umanità”.
Qual è la sua risposta a chi asserisce che non c’è stato un genocidio?
Risponderei con i fatti: il genocidio di Khojaly è esplicitamente confermato da numerosi fatti, tra cui prove e documenti investigativi, testimonianze oculari, resoconti dei media internazionali e documenti di organizzazioni intergovernative e non governative.
Questo genocidio è stato commesso con l’intento di annientare i residenti unicamente sulla base del fatto che erano azerbaigiani. Gli abitanti di Khojaly sono stati decapitati, scuoiati e bruciati vivi e gli sono stati cavati gli occhi. Coloro che cercavano di fuggire sono stati uccisi con una brutalità particolare dalle truppe armene, che li hanno catturati lungo le strade e nelle foreste. Il massacro è stato propriamente caratterizzato come un atto di genocidio e come un esempio di pulizia etnica.
L’ex presidente della Repubblica di Armenia Serzh Sargsyan è stato il comandante in capo delle forze militari illegali nei territori dell’Azerbaigian occupati al momento del genocidio di Khojaly nel febbraio 1992. I seguenti pensieri di Sargsyan non lasciano dubbi sulla questione dei veri autori del crimine a Khojaly:
“Prima di Khojaly, gli azerbaigiani pensavano di scherzare con noi, pensavano che gli armeni non avrebbero potuto alzare una mano contro la popolazione civile. Siamo stati in grado di rompere quel pregiudizio. Questo è quello che è successo”.
L’autore armeno Markar Melkonian menziona in particolare il ruolo dei combattenti dei due distaccamenti militari armeni “Arabo” e “Aramo” e descrive dettagliatamente come hanno massacrato gli abitanti pacifici di Khojaly. Così, come da lui riferito, alcuni abitanti della città erano quasi riusciti a mettersi in salvo, dopo essere fuggiti per quasi sei miglia, quando “i soldati [armeni] li inseguirono”. I soldati, nelle sue parole, “sguainarono i coltelli che si erano portati sui fianchi per così tanto tempo e iniziarono a pugnalare”.
Quali misure bisogna prendere perchè questi atroci fatti non si ripetano?
Abbiamo il dovere di trasmettere alla comunità mondiale le verità, i fatti e le prove sul genocidio di Khojaly, nonché le atrocità commesse contro il popolo azerbaigiano durante l’aggressione militare dell’Armenia, al fine di ottenere un adeguato riconoscimento legale e politico di questi eventi come un vero atto di genocidio. Questo è un sacro dovere che condividiamo come essere umani per le vittime del genocidio. D’altra parte, garantire che i fanatici, gli organizzatori e gli autori di genocidi siano assicurati alla giustizia è un passo cruciale per prevenire il ripetersi di tali atti brutali contro l’umanità in generale.

La campagna “Giustizia per Khojaly” organizzata dalla Fondazione Heydar Aliyev sta allargando il suo campo di azione ogni anno. Come risultato di sforzi sistematici per aumentare la consapevolezza della comunità internazionale sul Genocidio di Khojaly, questo eccidio è riconosciuto e commemorato da atti parlamentari adottati in 17 paesi del mondo e diciannove Stati degli Stati Uniti d’America.
La Repubblica di Armenia ha continuato i suoi crimini contro l’umanità prendendo di mira deliberatamente i civili azerbaigiani anche durante la seconda guerra del Karabakh nel 2020. Attaccando la popolazione civile e le infrastrutture di popolose città azerbaigiane come Ganja, Barda e Tartar, situate lontano dal campo di battaglia, l’Armenia ha commesso nuovamente nel 2020 gli stessi crimini di guerra del 1992 e, di fatto, questa volta ha utilizzato armi più letali, comprese bombe a grappolo e sistemi missilistici per causare maggiori vittime tra i civili. Secondo l’Ufficio del Procuratore Generale della Repubblica dell’Azerbaigian, a seguito di attacchi con missili e artiglieria pesante più di 100 civili, tra cui 12 bambini e 27 donne, sono rimasti uccisi, 423 civili sono rimasti feriti.
Sia il genocidio di Khojaly del 1992 che il bombardamento della popolazione pacifica nel 2020 rappresentano una chiara prova della politica deliberata e degli atti di violenza sistematica da parte delle autorità della Repubblica di Armenia contro i civili azerbaigiani.
La Guerra Patriottica si è conclusa con la liberazione dei territori dell’Azerbaigian, durante la quale il mio Paese ha rispettato pienamente i requisiti del diritto internazionale umanitario. L’obiettivo dei soldati azerbaigani non erano gli armeni civili, ma l’esercito di occupazione dell’Armenia. Un confronto di foto e videomateriali che mostrano gli azerbaigiani espulsi dalle loro terre native durante la prima guerra del Karabakh e i crimini che gli furono inferti dai militari armeni, e i materiali che mostrano le condizioni in cui gli armeni stabiliti illegalmente nei territori occupati dell’Azerbaigian hanno abbandonato questi territori durante la seconda guerra del Karabakh, prova tutto.
Gli azerbaigiani hanno lasciato le loro case e le loro terre native a piedi nudi solo per salvare le loro vite. Gli armeni, che si sono stabiliti illegalmente nelle case degli azerbaigiani durante l’occupazione, hanno portato con sé tutti i loro averi mentre lasciavano questi territori, bruciando le case che non gli appartenevano, uccidendo animali domestici, abbattendo alberi e commettendo genocidio ecologico in quelle aree. Anche se la dichiarazione tripartita del 10 novembre scorso ha stabilito un calendario preciso per la restituzione dei territori occupati all’Azerbaigian.
Il mio Paese ha fatto numerose concessioni per permettere agli armeni stabiliti illegalmente in quei territori di abbandonarli in condizioni normali. Questa è la differenza tra l’Azerbaigian e l’Armenia. In effetti, con questo approccio umano, l’Azerbaigian ha impartito una lezione all’Armenia e ancora una volta ha dimostrato al mondo intero il suo impegno per i valori umani.
La liberazione delle terre azerbaigiane apre opportunità di pace, dialogo e cooperazione nella regione. Ma l’impunità di cui godono ancora gli autori dei crimini contro la popolazione civile continua a impedire il progresso nel raggiungimento della pace durevole e della riconciliazione tra Armenia e Azerbaigian. Pertanto, l’accertamento della verità riguardo alle gravi violazioni del diritto internazionale umanitario e dei diritti umani commesse durante il conflitto, la fornitura di riparazioni adeguate ed efficaci alle vittime e la necessità di azioni istituzionali per prevenire il ripetersi di tali violazioni, sono tutti atti aggiuntivi necessari a un vero processo di riavvicinamento e pacifica convivenza tra le due nazioni.
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