Dopo l’analisi di Electomagazine sul neonato progetto “Rifare Italia” riceviamo, e volentieri pubblichiamo, la replica di Mario Landolfi, ex ministro ed uno dei promotori dell’iniziativa. E il “volentieri” non è solo una formula di cortesia poiché Electomagazine nasce proprio come quotidiano che stimola ed ospita il dibattito.

“Rifare Italia” è appena nata, ma fa già discutere. Buon segno. Anzi ottimo, se si considera che il commento di Augusto Grandi all’articolo-saggio scritto da Gennaro Malgieri su formiche.it. è condito nella salsa agrodolce solitamente in uso a chi non le manda a dire. E Grandi, già redattore del Sole 24 Ore e ora direttore del sito Electomagazine, non fa eccezione. Infatti, pur accogliendo la tesi di fondo di Malgieri circa la necessità di costruire a destra un’alternativa culturale prima ancora che politica, di pensiero e di progetto prima ancora che di prassi, qualche riga più sotto storce parecchio il naso leggendo dell’auspicato recupero del ruolo dello Stato rispetto alle Regioni. Il rischio che vi intravede è quello di ricollocare la destra «al di sotto della linea Gotica». E avverte: «Se la “nuova destra” pensa di governare con i prefetti (…), si ritroverà contro la gran parte delle popolazioni che non intendono rinunciare alla propria identità».
Regioni, non “piccole patrie”
Sul punto, Grandi può stare tranquillo: “Rifare Italia” non si batte per ripristinare il governo dei prefetti. Ma neanche per lasciare le cose così come stanno. Se è vero che nessuno ha più nostalgia dello Stato centralista, è altrettanto vero che solo pochi sono disposti a scommettere sulle magnifiche sorti e progressive del neo-centralismo di conio regionalista. Prova ne siano le sempre più serrate critiche al novellato Titolo V della Costituzione. Una riforma made in sinistra che lungi dal realizzare quell’armonico mosaico di piccole patrie verso cui Grandi nutre comprensibile nostalgia, ha innescato una dinamica para-secessionista che ha squassato l’Italia, raddoppiando il peso delle burocrazie, aumentando il contenzioso giudiziario e allargando ancor di più le distanze e le disuguaglianze tra italiani. Un disastro.
Superare gli opposti localismi
Con questa premessa, è fin troppo evidente che diversamente da quel che scrive il direttore di Electomagazine, l’alternativa non è tra Regioni ed esecutivo pro-tempore. Il derby tra governo e governatori è a dir poco mediocre e fare la ola ora per l’uno ora per gli altri finirebbe per inchiodarci alle contingenze della politica, alle singole performance gestionali e alle polemiche di tutti i giorni. In poche parole, non ci interessa. Ci interessa, e molto invece, offrire un punto di vista “altro” rispetto al derby istituzionale ed una via d’uscita politica alla disfida tra un Nord trincerato nella sua richiesta di autonomia rafforzata e un Sud rintanato nella disperata ridotta di “quota 34”, la percentuale di investimenti pubblici che in teoria gli spetterebbe.
Un nuovo patto nazionale
Ci rendiamo ben conto che un articolo non è certo la sede più idonea per dettagliare nel merito diagnosi e terapia. Ma c’è spazio sufficiente per richiamare l’attenzione sulla pioggia di miliardi, ben 209, promessa dal Recovery Fund. Politicamente parlando, è l’ultima occasione disponibile per allestire la prova generale di un nuovo patto nazionale capace di unire territori, cittadini e istituzioni dell’Italia del dopo-Covid.
Ancor di più lo sarebbero i 37 miliardi del Mes pandemico, il cui utilizzo è però avversato anche da Lega e FdI. Ne comprendiamo le motivazioni di concorrenza elettorale con il M5S, un po’ meno quelle di merito, dal momento che quei fondi appresentano l’unico strumento finanziario in grado di colmare o ridurre il pesante dualismo sanitario che già oggi comprime e riduce il diritto alla salute di milioni di italiani.
Ed è un brutto guaio davvero quando cittadini di un medesimo Stato non si percepiscono più eguali fra di loro. Vuol dire che si è già in marcia verso il punto di non-ritorno, oltrepassato il quale la comunità si dissolve. È quel che sta accadendo. Non per caso Renan ammoniva che «la nazione è un plebiscito che si rinnova ogni giorno». Noi, purtroppo, l’abbiamo dimenticato. Per quanto strano e riduttivo possa apparire, riuscire a ricordarlo e a farlo ricordare è il principale obiettivo cui una vera destra lega il proprio destino. Il sondaggio seguirà.
Mario Landolfi