Con che faccia verranno a chiedere il nostro voto?
La domanda l’ha posta Corrado Alberto, il presidente dell’Api torinese, l’associazione delle piccole imprese. Arrabbiatissimo per i tempi lunghissimi della vicenda Tav. Chissà dov’era, Alberto, nei più di 20 anni trascorsi in chiacchiere sull’alta velocità ferroviaria tra Torino e Lione.
Già, con che faccia i vari partiti andranno a chiedere i voti a chi paga salari da fame a giovani lavoratori precari italiani. O a chi, nella vicenda Tav, racconta una favola molto diversa dalla realtà. Perché è sacrosanto che un treno inquina meno rispetto all’equivalente trasporto su gomma. Dunque tutti dovrebbero essere contenti di poter respirare aria meno inquinata.
Tutti tranne gli imprenditori. Una ricerca dell’Anfia, che è l’associazione delle industrie del comparto automotive (dunque nulla a che fare con Toninelli), sottolinea come il traffico di veicoli pesanti in autostrada sia aumentato del 3,5%. E i dati del 2017, gli ultimi disponibili, evidenzia come su gomma siano state trasportate, in Italia, 885,5 milioni di tonnellate di merci, pari a 119,7 miliardi di tkm (tonnellate per km).
E la ferrovia, così improvvisamente amata dai presidenti delle associazioni? Solo 92 milioni di tonnellate e 22 miliardi di tkm. Già il rapporto tra tonnellate e tkm indica che sul trasporto merci su rotaia è opportuno investire, peccato che quando si tratta di investimenti privati tutti i neo ambientalisti si defilino.
Meglio anche il mare, con 475 milioni di tonnellate per il solo cabotaggio, insomma meglio qualsiasi mezzo di trasporto piuttosto del treno. Curioso, come atteggiamento. D’altronde quanti container ha trasportato il presidente dell’Api, sulla tratta ad alta velocità italiana tra Torino e Salerno? Nessuno, dal momento che i treni merci sulle linee veloci già esistenti non transitano.
Sicuramente gli italiani hanno diritto di potersi muovere rapidamente su treni moderni e su linee adatte. Però avrebbero anche diritto ad un ceto imprenditoriale più coerente e che non passasse il tempo a chiedere commesse pubbliche.