Lo segnala Nikolaij Lilin sul suo canale Telegram. Il Ministro delka Difesa tedesco, Arne Kollatz, ha dichiarato che “non ci sono armi tedesche in Ucraina”. E alla domanda, ovvia e immediata su cosa fossero i, famosi, Leopard, ha risposto, bello tranquillo, che quelli sono carri ucraini. Noi (tedeschi) li abbiamo solo prodotti e forniti…
Una logica impeccabile, non vi pare? Degna di Hegel, che si starà rivoltando nella sua tomba di Doorotheenstädtischer – a Berlino, dove riposa accanto a Fichte – di fronte ad un tale ardimento intellettuale.
E mi sembra, quasi, di sentirgli dire:
“Johann, ma siamo sicuri che ‘sto Kollatz sia tedesco per davvero? Mica mi convince poi tanto…”
E Fichte stringersi nelle spalle
“Che vuoi, George… ormai sono tutti figli di immigrati… i tedeschi autentici specie in via di estinzione… come i Panda…”
Ma lasciamo perdere i dialoghi fra morti, ché mica mi chiamo Luciano, e non vengo da Samosata… e cerchiamo di seguire il ragionamento dell’illustre statista. Perché è davvero… illuminante.
Dunque, proviamo a seguire tale ferrea logica.
I Leopard sono tedeschi. Anzi, il fiore all’occhiello dell’industria militare germanica. Almeno sino a qualche settimanna fa, vista la magra prova che stanno dando nei pantani del Donbas, e con gli anticarro russi che li perforano come carta velina…
Comunque, la Germania li produce. E li esporta. Nel caso in questione senza un interesse economico. Gratis et amore Dei. O per amor di Biden. Comunque li dà agli ucraini. Diciamo… per amicizia.
Non solo. Addestra i militari ucraini che dovranno usarli…
Ma usarli per cosa? Per un pic nic? Una gita scolastica? Una gita fuori porta?
L’Ucraina è in guerra con la Russia. Questo lo sanno tutti. Tranne, evidentemente, il ministro di Berlino. E se io sono in guerra con il mio vicino, e tu mi presti, poniamo, una pistola, non puoi, in tutta onestà, fare finta che io la userò per sparare ai passeri. A meno che tu non sia completamente scemo.
Cosa non impossibile.
Comunque, quello dell’ottimo Kollatz non è un caso isolato. Anzi.
A Vilnius, proprio in queste ore, abbiamo avuto la riprova che la sua è la logica dell’intera NATO. Con l’eccezione di Orban. Ma si sa, lui è magyaro. E ragiona a modo suo, ‘sto zuccone.
Il documento finale del vertice è un autentico capolavoro di logica. Il, famoso, Tractatus di Wittgenstein je fa na… come direbbero i mei, antichi, allievi coatti.
Dunque. Noi non siamo nemici della Russia. Anzi, vogliamo collaborare in amicizia con Mosca. Però le mettiamo le sanzioni. Perchè Putin ha fatto il cattivaccio e invaso Donbas e Crimea. Che sono dell’Ucraina. Che, appunto, ha il diritto di opprimerne impunemente le popolazioni. Che sono integralmente russe. E la Russia doveva starsene buona e guardare. Zitta e… Mosca. Perché così funziona la democrazia. E tu Vladimir non lo hai ancora capito perché sei ignorante e colonnello del KGB.
Però noi vogliamo la pace. E quindi armiamo Zelenski. E pazienza se questo fa saltare dighe, causa disastri ecologici, minaccia danni nucleari… sono danni collaterali. Niente di più.
E poi Kiev noi la vogliamo nella Nato. Anche se, dai tempi di Reagan in poi, vi abbiamo sempre promesso e spergiurato il contrario. Che ci volete fare?
Noi siamo democratici. E la democrazia, per noi, funziona così.
Quindi non ci interessa nulla se tu, Putin, questa guerra la hai, di fatto, già vinta, e, anzi, potresti stravincerla. Devi ritirarti, dare la vittoria al nostro Zelenski. E lasciare che noi si faccia a pezzi la Russia…
Perché questa è la democrazia, ragazzo mio!
Beh, le parole, naturalmente, sono un pò diverse. Venate di una, qualche, ipocrisia diplomatica. Ma la sostanza non cambia.
E, soprattutto, non cambia la logica.
Noi mandiano armi, addestriamo uomini, forniamo informazioni, organizziamo reparti mercenari. Ma non siamo in guerra con la Russia. Anzi le vogliamo tanto bene.
Un esercizio di “logica” degno di un contorsionista circense.
Di chi è convinto che la linea più breve tra due punti sia… l’arabesco.