In queste ore in cui tutti i media del mondo sono concentrati sul conflitto russo-ucraino, è avvenuto un fatto molto importante di cui ben pochi hanno parlato: dopo settimane di un difficilissimo ed estenuante negoziato, l’Argentina ha infinte trovato un accordo col Fondo monetario internazionale sulla ristrutturazione del proprio debito, superiore a 44 miliardi di dollari, contratto nel 2018 dall’allora presidente Mauricio Macri.
Secondo una nota ufficiale emessa dal ministero dell’Economia, l’accordo “permetterà al Paese di rifinanziare gli impegni assunti nel fallimentare programma Stand By del 2018 che presentava scadenze racchiuse principalmente tra gli anni 2022 e 2023”. L’intesa con il Fmi si basa sullo schema Extended Fund Facility (Eff) che prevede 10 revisioni periodiche su base trimestrale durante i prossimi due anni e mezzo. Il periodo di restituzione è di 10 anni a partire dal 2026, con una moratoria iniziale di 4 anni e mezzo.
Quindi l’Argentina uscirà finalmente dalla grave crisi degli ultimi anni e vedrà ripartire la propria economia? In realtà tra gli esperti vi è già pessimismo. L’attuale governo argentino è molto diviso al proprio interno e ha come principale obiettivo la scadenza elettorale del prossimo anno. Secondo molti economisti, in queste condizioni è molto difficile che l’accordo possa essere rispettato e, soprattutto, che possano essere superate regolarmente le periodiche e numerose revisioni di controllo da parte del Fmi. Senza scordare che di solito, quando ci si affida a quest’ultimo, spesso e volentieri le Nazioni coinvolte vengono economicamente distrutte. Non a caso, un deputato dell’opposizione, Fernando Iglesias, ha definito l’accordo “una bomba ad orologeria”.
Come dargli torto? Pensiamo solamente a quanto già successo, proprio in Argentina, nei primi anni del Duemila. A seguito dell’indebitamento eccessivo provocato dalla dittatura militare, la Nazione subì un collasso economico e sociale di proporzioni mai viste, con la disoccupazione che raggiunse il livello record del 40%. Senza dimenticare le proteste che seguirono ai vari tagli della spesa pubblica, per cui vi fa una vera e propria crisi sociale a prima vista insuperabile.
Sembra di essere tornati a quel punto. Con l’aggravante, però, che nuovamente ci si affidi ai diktat del Fondo monetario internazionale per uscire dall’impasse economica. La ricetta è sempre la stessa: ridurre effettivi e salari dei funzionari pubblici, diminuire gli investimenti pubblici, ridurre le sovvenzioni alle imprese nazionali e proibire le sovvenzioni statali che consentano il contenimento dei prezzi di prima necessità. La visione del Fmi è molto chiara: una politica monetaria restrittiva e dei programmi deflazionisti. Solo con queste premesse vengono siglati degli accordi.
Il problema però è sempre quello: se a questi tagli antisociali non si affianca una politica di aumento della produttività industriale e dell’occupazione nel settore privato, il popolo è destinato alla fame. La visione unicamente monetarista del Fmi, e delle altre strutture facenti parte dell’attuale Sistema capitalista, producono effetti negativi sul lavoro. Quest’ultimo è visto unicamente come un costo e non più come uno strumento di emancipazione sociale e di dignità del singolo cittadino. Gli unici dati presi in considerazione sono quelli freddi delle monete e del debito, tutto il resto non ha alcun valore. Per uscire da questa impasse, sarebbe necessario un vero e proprio cambio di paradigma che metta appunto il lavoro al centro di ogni singola economia nazionale. E’ molto difficile però che questo possa avvenire finché i governi nazionali si affidano ai suadenti abbracci, in realtà vere e proprie stritolature di collo, del Fmi e degli altri organismi ad esso similari.
Oggi tocca all’Argentina, nuovamente, rischiare la fame del proprio popolo per seguire i diktat del Fmi. Siamo certi però che quest’ultimo non si farà scappare l’occasione di intervenire anche in Ucraina, una volta cessata la guerra. Purtroppo oggi tutti i popoli del mondo sono potenzialmente vittime di questo Sistema capitalistico e disumano. Sognare che vi sia un qualche governo, magari in qualche paese lontano ed esotico, che non faccia parte di tale Sistema è frutto di ingenuità o, peggio ancora, totale incapacità di analisi sociale e politica. Solo i popoli potrebbero opporsi e ribellarsi a questo Sistema. Ma per farlo, soprattutto in un’epoca come l’attuale basata unicamente sul bieco consumismo, necessiterebbero di avanguardie rivoluzionarie in grado di indicare loro la strada. Ne vedete all’orizzonte? Io no. Però non scordo che i primi cristiani erano nascosti nelle catacombe e poi sono riusciti ad evangelizzare il mondo intero. Quindi non mi abbandono al pessimismo e confido che, prima o poi, queste avanguardie si mostrino alla luce del giorno e ci possano condurre alla Rivoluzione.