Per il momento le sanzioni occidentali contro la Russia hanno cercato di evitare il settore energetico, fondamentale per l’Europa. La Germania, importa il 55% del suo gas da Mosca. Per ciò che riguarda il petrolio, la Russia è il secondo esportatore mondiale, dietro l’Arabia Saudita. Dopo una settimana di conflitto i mercati soffrono e registrano perdite pesantissime. Piazza Affari è la peggiore con – 6,24%. Francoforte cede il 4,41%, Londra Ftse 100 a -3,59% e Parigi 4,97%. Piazza finanziarie europee che chiudono, come in un incubo, in profondo rosso. Le borse europee sprofondano e bruciano nella seduta circa 400 miliardi di capitalizzazione. Con l’inflazione che corre a causa del rialzo dei prezzi delle materie prime.
Secondo l’analista di Energy Aspetcs, Livia Gallarati, in solo una settimana dopo l’invasione dell’Ucraina, il petrolio russo faticherebbe a trovare acquirenti, che sono allarmati per eventuali sanzioni e le complicazioni logistiche, nonostante la grande preoccupazione per l’offerta del mercato. Il commercio di greggio è ancora congelato e il 70% del mercato di conseguenza è paralizzato, con un forte impatto sulle vendite marittime. Sono tanti gli intermediari che preferiscono evitare l’acquisto di greggio russo. I prezzi intanto impennano: un barile di Brent, benchmark europeo sul mercato, costa più di 110 dollari, mentre un anno fa costava meno di 65.
Cina e India dovrebbero riprendere i loro acquisti una volta risolti i problemi di trasporto, assicurazione e pagamento. Le sanzioni contro la Russia influenzano pesantemente il costo dell’assicurazione del carico e del trasporto merci, così come le transazioni finanziarie. Ma purtroppo per Putin le raffinerie indiane e cinesi non riusciranno ad assorbire tutta la produzione russa. Ogni Paese costruisce le sue raffinerie in base al greggio che intende utilizzare, ed è complicato adattare le infrastrutture.
Secondo il capo della società di analisi Rystad Energy, Jarand Rystad, perfino senza le sanzioni dirette, le esportazioni russe diminuiranno di un milione di barili al giorno. “È probabile che i maxi progetti come Vostok Oil vengano ritardati e altri potrebbero essere semplicemente cancellati, poiché i progetti petroliferi hanno una durata limitata con la transizione energetica” commenta Rystad.
I futuri acquirenti europei buttano un occhio al petrolio dal Medio Oriente, ma i due maggiori produttori che potrebbero aumentare le proprie estrazioni, Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita, hanno grosse incertezze nel farlo.
L’Iran senza le sanzioni al Paese da parte degli Stati Uniti avrebbe potuto esportare 2,5 milioni di barili al giorno, quasi la metà del volume delle esportazioni russe. Con un Occidente che, secondo diversi osservatori guarda al petrolio iraniano per limitare i danni della probabile crisi energetica con la Russia. Per Teheran sarebbe una notevole opportunità, per riaccendere il consenso della comunità internazionale dopo lunghi anni del suo isolamento. Dal 2018 Teheran sarebbe molto vicina a una possibile realizzazione dell’arma atomica. Con la nuova intesa dovrebbe intervenire, da parte dell’Iran, una nuova riduzione delle riserve di uranio e il congelamento di gran parte delle centrifughe nucleari. Il tutto a patto che vengano rimosse la gran parte delle sanzioni tornate negli ultimi anni a flagellare l’economia iraniana.