Ci poniamo la domanda, beninteso, senza aver effettuato un’analisi sistematica, scientifica o storica, ma semplicemente scorrendo appunti sparsi e raccolti un po’ per caso. Il dubbio però sorge legittimo e spontaneo. Se andiamo con la memoria al secolo scorso, anche nei decenni più recenti, troviamo protagonisti blasoni che hanno retto decenni di storia: dai Barilla, vivi e vegeti (mille euro in busta ai lavoratori come regalo di Natale), agli Agnelli, dinastia che si è spenta e quasi estinta per ragioni private e globali assieme.
Poi c’è Leonardo Del Vecchio, fondatore e presidente di Luxottica e di EssilorLuxottica, l’azienda nata dalla fusione con la francese Essilor, con circa 80.000 dipendenti e 9.000 negozi la più grande holding mondiale di occhiali e lenti, dov’è appena avvenuto un cambio al vertice: Hubert Sagnières e Del Vecchio lasciano tutte le cariche operative e passano a Francesco Milleri e Paul du Saillant, che assumono i poteri esecutivi fino all’assemblea del 2021 come amministratore delegato e vice. Milleri è considerato uomo del patron di Luxottica e la nomina è quindi vista come una sua vittoria.

Per il resto, le cose come vanno? La vicenda dei Benetton è notissima a tutti dopo che il crollo del viadotto Morandi e la morte di due fratelli ha precipitato l’ex azienda dei maglioni, convertita ai trasporti aerei e autostradali, in uno stato che definire confusionale è un pallido eufemismo.
Poi ci sono le Dynasty degne di un seriale di Netflix, come quella dei Capriotti. Esselunga, fondata da Bernardo, è passata in solido per il 70% a Marina e a Giuliana Albera e per il 30 a Giuseppe e Violetta, figli di primo letto. Carlo De Benedetti l’11 ottobre 2019 ha proposto di acquistare un terzo della Gedi ma il figlio Rodolfo ha rifiutato, ritenendo l’offerta irricevibile in quanto contraria all’interesse sociale, e il padre ha lasciato la holding. Altra rissa familiare si è consumata per i sacchetti delle patatine San Carlo, 315 milioni di fatturato annuo e 2.200 dipendenti. Al fondatore Francesco Vitaloni era succeduto nel 1955 Alberto, la cui figlia Susanna è divenuta vice presidente nel 2011. Alberto è stato colpito da un ictus nel 2015 e i due figli maschi hanno accusato la sorella di circonvenzione di incapace e violenza privata.

Hanno dato invece prova di grande vitalità e mobilità sui mercati internazionali ancora negli anni scorsi i Ferrero – Giovanni è dal 2011 amministratore delegato, il Padre Michele è scomparso nel 2015 a 89 anni – che hanno tra l’altro acquistato le barrette Nestlè e sono così divenute il terzo colosso dell’industria dolciaria negli Stati Uniti. Solo una tappa, per quanto importante (parliamo di un valore di 900 milioni di dollari), di una lunghissima marcia cominciata nel 1969, esportando negli USA le Tic Tac. Per restare nel food, nei primissimi giorni dell’anno orribile che ci stiamo lasciando alle spalle Oscar Farinetti – a sua volta erede del padre Paolo, proprietario di Unieuro, azienda poi ceduta – annunciava il passaggio della guida del gruppo Eataly al figlio Nicola. La famiglia controlla il 60% del brand.
Ma gli affari di famiglia sono ancora il motore della nostra economia? Secondo il Family business festival sì. In effetti in Italia – rispetto a Francia, Germania e Spagna – le imprese familiari sono presenti in più settori, ma solo tre dinastie superano i 10 miliardi di ricavi, per quanto le cose stiano cambiando. E comunque non si tratta di una tendenza solo italiana: nell’automotive, per esempio, anche Volkswagen e BMW sono gestiti in casa.
Un’ultima considerazione riguarda il rapporto tra merito e fortuna nelle successioni. Il caso di Mick Schumacher è soltanto l’ultimo – dopo Larissa Iapichino che ha battuto le performance sportive della mamma Fiona May – a dimostrare come essere “figlio di” significa senz’altro avere delle opportunità enormemente superiori.
Ma poi, per affermarsi, occorrono capacità. Certo non sempre la situazione è così chiara e in molti casi il dubbio è forte: pensiamo a Paris, figlia di Michael Jackson, a Sean Lennon, a Tredici Pietro figlio di Gianni Morandi, Irene Fornaciari figlia di Zucchero, Carlotta Proietti che il padre Gigi si è portato dietro e tenuto accanto in molti spettacoli, Dakota Johnson figlia di Don e Melanie Griffith. Oppure a Michelle Hunziker e alla figlia Aurora Ramazzotti, che addirittura hanno avviato un tandem televisivo e politico con il progetto Codice rosso, per far approvare una legge in difesa delle donne, rivendicando quasi una sorta di diritto al familismo più o meno amorale.
Non pochi, comunque, i casi opposti di genitori che hanno detto ai propri eredi di cavarsela da soli.
Lasciamo per ultima e lasciamo fuori la politica, dove i figli e le figlie di abbondano non solo nel nostro paese, basti pensare alle voci di future performance politiche delle figlie di Putin o alla ricorrenza dei cognomi nelle presidenze statunitensi. Ma esistono anche i “padri di” e su quelli a casa nostra non ci batte nessuno: da Renzi a Di Maio a Maria Elena Boschi.