La scomparsa delle donne nude dalle copertine dei settimanali, merito mai riconosciuto e credo neppure rivendicato di Giuliano Ferrara quando assunse la direzione di Panorama, è stata un fondamentale passo di civiltà del nostro paese, che dimostra come anche abitudini inveterate ma negative possano interrompersi, se solo c’è una decisa volontà di farlo. Fino ad allora, infatti, Espresso e Panorama, allora i due magazine più diffusi in Italia, utilizzavano il corpo femminile come uno specchietto per le allodole, abbinandolo a qualunque argomento, nella consapevolezza purtroppo fondata che un seno o un deretano aumentassero il numero delle copie vendute.
Faccio questa premessa per chiarire la mia posizione sul tema e – anche se talune posizioni possono sembrare eccessive, per esempio la condanna del fischio di approvazione quando passa una ragazza – ribadire che qualunque misura tesa alla tutela della donna, della sua dignità e della sua parità di diritti è un perno della cultura che ci contraddistingue. Ed è tanto più necessario difenderlo oggi che modelli culturali e sociali diversi, contrapposti ai nostri, affermano il proprio potere, con la violenza e con la complicità pacefondaia degli occidentali.
Detto ciò, va però fatta anche una considerazione solo apparentemente difforme in merito alle Paralimpiadi, manifestazioni che, grazie soprattutto all’infaticabile lavoro di Luca Pancalli, hanno ottenuto progressivamente una visibilità sempre meno inferiore a quella delle Olimpiadi “strictu senso”. Nell’edizione di Tokyo di quest’anno, in particolare, i giochi paralimpici sono stati seguiti dagli italiani con un’enorme soddisfazione per i molti successi degli atleti e delle atlete di casa nostra. In particolare, ha fatto parlare di sé la straordinaria vittoria nei 100 metri piani femminili di tre fantastiche ragazze amputate – Ambra Sabatini, Martina Caironi e Monica Contrafatto – che sono anche, come capita molto spesso tra gli sportivi professionisti, tre gran belle ragazze.
Si è discusso molto del fatto che i costumi e le divise delle atlete siano succinti per ragioni di comodità e di efficienza sportiva ma anche per metterne in mostra i corpi. Devo però dire che questo ambito mi pare molto distante da quello dell’utilizzo strumentale delle copertine dei magazine, in quanto la bellezza e il vigore di chi pratica uno sport sono due valori fortemente connessi tra loro. La magrezza, la muscolatura sono requisiti necessari per la performance ma sono anche esteticamente piacevoli e in particolare, se ci si permette la scivolatura, queste tre ragazze hanno mostrato nelle inquadrature televisive uno straordinario “lato b”.
Ecco, in questo caso soffermarci su un aspetto generalmente legato alla visione commerciale, materiale e possessiva della donna credo possa assumere un valore opposto, e cioè quello di riconoscere che anche un corpo che ha sofferto una forte menomazione possa essere bello, attraente, desiderabile, piacevole. Quindi riconoscerei alle nostre ragazze non soltanto la straordinaria performance ma anche la loro bellezza, senza tema di passare per degli inveterati maschilisti. D’altra parte alle Paralimpiadi abbiamo visto anche dei nuotatori in carrozzina o sulle stampelle sfoderare bicipiti invidiabili e tartarughe addominali che fanno vergognare noi sedentari spettatori delle loro imprese, pertanto nessuna discriminazione di genere: è solo una questione di gusti e di tendenze.