Le fibrillazioni in Lega e Movimento 5 Stelle fanno preoccupare i sostenitori dello statu quo. E, di conseguenza, i chierici di regime riciclano i consueti discorsi sulla impossibilità per Giorgia Meloni di diventare presidente del consiglio anche qualora Fdi uscisse dalle urne come primo partito, alla guida della coalizione vincente del centrodestra. Gli articoli servono, innanzitutto, ad esorcizzare il pericolo di un successo della Trimurti. E poi a creare ulteriori malumori nel centrodestra, in modo da rendere più difficile un successo.
In realtà la vittoria della Trimurti appare sempre meno probabile. I risultati dell’ultima tornata delle amministrative lasciano prevedere una sostanziale parità tra i due schieramenti, con i cespugli centristi che diventano determinanti nonostante risultati previsti decisamente modesti. Ma, in fondo, ai Renzi e Calenda interessa essere determinanti per poter condizionare il prossimo governo. E nei sondaggi l’ammucchiata centri-Pd-5 Stelle-Sinistre e Giggino hanno sorpassato il centrodestra. Considerando che Italexit eroderebbe circa il 4%.
Ma anche se il centrodestra ribaltasse la tendenza attuale, Meloni non potrebbe governare e dovrebbe limitarsi ad indicare un presidente del consiglio non inviso a Mattarella. È la democrazia secondo i radical chic, bellezza. Non importa se vinci le elezioni. Perché, se non piaci a Mattarella, Palazzo Chigi te lo scordi. Eppure la signora della Garbatella si è impegnata, ha fatto i compiti a casa. Si è prostrata ai conservatori statunitensi, ha messo i suoi uomini al servizio di Confindustria, ha trasformato la destra sociale in droite caviar rappresentata da Hoara Borselli. Non è bastato. L’antifascismo? Non è bastato.
Perché, al momento giusto, gli avversari (e non solo loro) tirano fuori l’asso dalla manica: l’inadeguatezza della classe dirigente. Tutto vero, certo. Anche molto inadeguata. Però Toninelli ha fatto il ministro, ed anche Lorenzin, Azzolina e De Micheli. Moretti è diventata europarlamentare, Serracchiani presidente regionale, Giggino ministro degli esteri, Gentiloni presidente del consiglio. Non è che fossero molto meglio degli esponenti del Grande Raccordo anulare magico di Roma.
Però Meloni no! Va beh, la dizione non è granché, anzi è fastidiosa. Ma De Mita? Va beh, la cultura è un optional. Va beh, non sa scegliere le persone di cui si circonda ed ancor meno le candidature. Tutto vero. Ma davvero erano meglio i presidenti del consiglio che hanno svenduto l’Italia alle multinazionali? Erano meglio i presidenti del consiglio responsabili della strategia della tensione? Erano meglio i presidenti del consiglio che hanno insabbiato le inchieste su Ustica?
Ma la squadra di Meloni è estremamente modesta. Verissimo, Qualcuno, però, ricorda la definizione di Aldo Moro relativa al “più stupido segretario che la Dc abbia mai avuto”? Però i moralizzatori a senso unico non demordono. Hanno loro, i moralizzatori, il candidato giusto in caso di successo del centrodestra. Un candidato che non deve piacere agli elettori della Trimurti bensì ai chierici di regime. Perché la democrazia non significa affidare il governo a chi vince, ma affidarlo ai rappresentanti del regime a prescindere dai voti ottenuti.