La miglior difesa è l’attacco? Probabilmente lo pensa la lobby che ha piazzato Biden alla presidenza degli Stati Uniti. Un presidente palesemente inadeguato, mentalmente e fisicamente, ma che rappresenta al meglio un Paese in difficoltà sulla scena internazionale. Dunque, per uscire dall’angolo, i dem devono alzare la voce, minacciare tutto e tutti. Il presidente che accusa Putin di essere un killer è lo stesso che, come primo atto di politica estera ha bombardato la Siria. Tanto per far sapere che la strategia degli Usa è sempre la stessa: massacrare chi non può difendersi.

Però ciò che funziona con i piccoli Stati, non è detto che funzioni con i grandi Paesi. Non tanto con la Russia quanto con la Cina. E, immancabilmente, l’incontro in Alaska tra delegazioni di Washington e Pechino ha offerto l’opportunità per uno show muscolare ad uso della platea internazionale. Entrambi sanno perfettamente che Pechino sta diventando la prima potenza economica del pianeta. Ma gli Usa hanno difficoltà ad accettare il sorpasso poiché la loro arroganza non contempla la sconfitta.
Dunque Biden cercherà di portare lo scontro su altri piani, a partire da quello militare per dimostrare che Washington è sempre la prima potenza. Se per far scena dovranno morire migliaia di civili, Biden non farà un plissé. Se occorrerà finanziare altre finte rivoluzioni democratiche, con altri morti, i soldi americani non mancheranno.
In questo scenario l’elemento debole è la Russia. Putin è sicuramente più intelligente e più scaltro di Biden – l’augurio di “buona salute” a un Biden che non appare in gran forma e che suscita risate in tutto il mondo scivolando sulla scaletta dell’aereo – ma la Russia è in difficoltà economiche e si ostina ad ignorare le strategie di soft power.

E benché Mosca disponga del miglior ministro degli Esteri a livello mondiale, Lavrov, non riesce a confrontarsi utilmente con l’Europa proprio perché il Vecchio Continente non ha una politica estera ma è ampiamente condizionabile dal soft power.
Così il mondo si ritrova minacciato dalle difficoltà mentali di un presidente americano che, a volte, dimentica persino di essere l’inquilino della Casa Bianca, seppur in attesa di sfratto fa parte della sua vice, Kampala Harris.