Quest’anno, in occasione della Giornata del Ricordo, sono avvenuti due eventi apparentemente differenti tra loro ma in realtà entrambi emblematici di quanto oggi avvenga nell’attuale società postmoderna: l’assolutizzazione del relativo e la relativizzazione dell’Assoluto.
Nel primo caso, presso una scuola di Verona, era stato invitato a parlare Eric Gobetti, noto per aver già espresso in passato idee negazioniste sulla tragedia delle foibe. Dopo giornate di polemiche, e con l’intervento anche dell’amministrazione comunale, gli è stato proposto di tenere comunque la conferenza ma con un contraddittorio con il giornalista triestino Fausto Biloslavo. La Rete Scuola e Territorio, che ha organizzato l’evento, ha però deciso di annullare tutto con questa motivazione: “Dopo una profonda riflessione del team di docenti referenti di progetto, è emerso come siano caduti i presupposti metodologici e gli obiettivi fondanti del nostro modus operandi”. Qualcuno penserà che fosse giusto fare così perché col nemico non si parla. Eppure nel 2009 il noto ex brigatista rosso Valerio Morucci, andando a presentare il suo libro presso la sede di Casa Pound a Roma, ha così iniziato il suo intervento: “Sono qui come nemico perché le vostre proposte per cambiare la società sono opposte alle mie idee”. Quindi non è necessario riconoscere un nemico per non volersi confrontare. Certo che se è la paura a muovere le tue azioni, allora la fuga non può che essere la conseguenza naturale del tuo agire.
L’altro evento è accaduto a Carpi, vicino Modena, dove alla commemorazione ufficiale organizzata dal Comune era presente anche una delegazione dell’Anpi con tanto di bandiera ufficiale dell’associazione che tanto ricorda i simboli utilizzati dagli infoibatori titini. È come se al presente di Acca Larentia si presentasse una delegazione dell’Arma dei Carabinieri con tanto di insegne e gonfaloni! (Anche se quest’ipotesi forse non dispiacerebbe ad alcuni rappresentanti della destra parlamentare “legge e ordine” che ogni anno si affacciano in quella piazza cercando però di non farsi notare più di tanto).
La contraddizione tra i due eventi sta nel fatto che gli atteggiamenti tenuti sono stati esattamente l’opposto di quanto ci si dovrebbe aspettare. Nel primo caso le foibe erano viste da un punto di vista storico ed il contraddittorio sarebbe stato quanto meno plausibile. Ricordiamo infatti che la storia è, per sua natura, sempre relativa, potendo cambiare prospettiva in seguito all’evidenziarsi di nuove prove o testimonianze. Invece oggi la storia, soprattutto con riguardo ad eventi drammatici, è considerata qualcosa di quasi metafisico e quindi non oggetto a revisione e/o studio. Basti pensare alle numerose leggi liberticide presenti in Europa in materia di Olocausto. Ed è proprio così che ragionano Gobetti e i suoi compagni: le foibe non sono mai esistite o, al massimo, sono state la conseguenza della politica razzista del Fascismo nei confronti della popolazione slava. Un Credo vero e proprio, in quanto tale non discutibile né negoziabile.
Nel secondo caso invece eravamo di fronte ad una commemorazione Sacra in ricordo dei nostri connazionali trucidati dai seguaci di Tito. Gli eredi dei partigiani italiani (veri o presunti?) non avrebbero avuto alcun motivo di presenziare all’evento. Anzi, si sarebbero dovuti vergognare per la loro contiguità ideologica con gli infoibatori. Ma questo non è avvenuto perché, come dicevamo all’inizio, nella società postmoderna si confonde il relativo con l’Assoluto. Tanto è vero che nessuno dei presenti si è indignato davanti alla bandiera dell’Anpi o, cosa quanto meno doverosa, ha ordinato loro di allontanarsi.
E questo che è avvenuto riguardo le foibe, succede quotidianamente su ogni argomento di dibattito politico e/o sociale. Pensiamo alla teoria gender, per cui non conta che uno abbia il pene o la vagina, ma conta unicamente come si senta nel proprio foro interiore (decisione che ovviamente può essere cambiata anche quotidianamente). Oppure all’opposto pensiamo al dibattito sui vaccini: chiunque osi proporre un qualche dubbio, seppur piccolo e quasi insignificante, viene immediatamente tacciato come pericoloso novax degno unicamente di finire al rogo. Questa è la società postmoderna, orizzontale e liquida, dove non vi è alcuno spazio per forme di verticalità assiali. Basti pensare a quello che è diventato il Vaticano, ormai più simile ad una Ong immigrazionista che ad una Chiesa millenaria dotata di una propria specifica dottrina spirituale.
A questo punto non rimane che un’unica soluzione: cercare la verticalità da sé, senza appigli di natura esteriore. Solo così ci si può nuovamente unire all’Assoluto e considerare il relativo come qualcosa di contingente, privo di valore se non appunto indirizzato verso il Sacro. Certamente non sembra una strada facile da percorrere, soprattutto visto l’ambiente che ci circonda e gli esempi che abbiamo citato sopra. Ma come diceva Guglielmo d’Orange, “dove c’è una Volontà, c’è una Via”. Sta a noi, singoli individui, intraprendere questo cammino. Con la speranza, magari, di incrociare altri viandanti con cui percorrere almeno parte della strada in compagnia, lasciandoci alle spalle, o meglio sotto i piedi, questa assurda postmodernità relativista e nichilista.